INDAGINE SUL DOTTORATO IN STORIA ECONOMICA

INDAGINE SUL DOTTORATO IN STORIA ECONOMICA

Nel Consiglio Direttivo della SISE del 15 dicembre 1994 fu stabilito che il Segretario compilasse ed inviasse un questionario ai dottori di ricerca, al fine di presentare in questa giornata di studio alcuni elementi obiettivi che potessero facilitare un'analisi conoscitiva delle caratteristiche dei curricula vitae e delle aspettative dei dottori di ricerca in Storia economica. E' necessario premettere che le risposte pervenute al suddetto questionario riguardano soltanto il 50% dei dottori interpellati: ciò in parte è dovuto ad un mancato -per irreperibilità dell'indirizzo- o tardivo inoltro dei questionari ai dottori e in parte, forse, dalla deliberata volontà di questi di sottrarsi all'indagine. Pertanto i dati statistici desunti e qui analizzati non possono non essere considerati che parzialmente rappresentativi. Il primo dato sorprendente riguarda la provenienza. La maggioranza dei dottori non proviene, come ci si sarebbe potuto aspettare, da Economia e Commercio, bensì da Lettere e Filosofia: risultano essere ben 12, pari al 37.5% del campione, che divengono 13 (oltre il 40%) se si include un dottore proveniente da Magistero. Sorpresa attenuata dalla considerazione che su 13, almeno 5 provengono da un corso di laurea in Storia. Come Facoltà di provenienza al secondo posto troviamo Economia e commercio con il 28% dei dottori (31% aggregandovi una provenienza da Statistica). Altro dato inatteso è quello fornito da Scienze politiche: 7 dottori -uguale al 22%- la cui provenienza è la più equamente distribuita sul territorio nazionale. Vi è, infine, un dottore proveniente da Giurisprudenza ed un altro, che non ha ritenuto opportuno dichiarare il suo titolo. Un dato al quale le commissioni di ammissione al Dottorato dovrebbero prestare più attenzione si ritiene sia la lunga -e talvolta, lunghissima- frequentazione delle aule universitarie, che ha prodotto l'elevato voto di laurea. I nostri dottori, in altri termini, se la sono presa francamente molto comoda per laurearsi. Vediamo ora quali fossero le aspettative dei dottori di ricerca ed in che misura si siano avverate. Al momento di inoltrare la domanda per partecipare al Dottorato di ricerca in Storia economica la maggior parte dei richiedenti risultava disoccupata: 19 su 32 cioè il 60%, accettando la definizione omnicomprensiva del termine. Riguardo alle aspettative, il questionario proponeva tre risposte alla domanda: quando chiese di partecipare al Dottorato di ricerca pensava che: 1) si sarebbe dedicato alla carriera universitaria?; 2) il titolo di dottore di ricerca fosse preferenziale per la carriera universitaria?; 3) il titolo di dottore di ricerca fosse utile in ogni caso? In generale la risposta è stata affermativa per tutti i dottori con alcune eccezioni. Soltanto 2 hanno ammesso che non ambivano alla carriera universitaria: si tratta di persone che già erano impegnate in una attività stabile di insegnamento nelle scuole superiori. Che il titolo di dottore non fosse preferenziale per la carriera universitaria lo pensavano in 4 e, cosa strana, di questi 3 sono attualmente ricercatori. Che il titolo di dottore non sia utile in ogni caso lo pensano soltanto in 3 e, stranamente tra questi si annoverano un ricercatore ed un borsista post-dottorato. Vediamo adesso dopo il dottorato che cosa è successo. Uno, che era impiegato prima, non ritiene di fornire una risposta su cosa stia attualmente facendo. 9 dei 32, il 28%, non ha cambiato il proprio stato; ed è su questi che si deve concentrare la nostra attenzione. Attualmente hanno in media 34 anni, mentre l'età media al momento della laurea era di poco più di 26 anni. Sono otto anni, in media, che aspettano: un tempo, fino a pochi anni fa, considerato quasi massimo per divenire professore ordinario. Per gli altri, che hanno mutato il loro stato (la maggioranza, 22, cioè il 70% circa), si può dire decisamente che l'aver conseguito il titolo di dottore di ricerca sia stato decisivo nello sviluppo della carriera. La loro attuale occupazione è indirizzata nel campo della ricerca scientifica e, talvolta, della didattica. Di tutti i 32 soltanto 4, infine, confessano che non ripeterebbero l'esperienza di un dottorato di ricerca. Le conclusioni che si possono trarre da questi dati sono molteplici. Certo è preoccupante che 6 dottori di ricerca in età ormai matura aspettino ancora una collocazione all'in-terno dell'Università, che appare ormai problematica. Non si può del pari non riconoscere che il titolo di dottore sia stato pagante per la stragrande maggioranza. E' vero anche che le percentuali tratte da questo campione -per i motivi già detti- non possono essere rappresentative, specialmente se si pensa che le mancate risposte possano essere la conseguenza di un rifiuto da parte di chi, deluso, non ha ritenuto neppure di voler rispondere con un insulto. C'è anche da dire, che non si può esattamente valutare la valenza del titolo di dottore in campo concorsuale, dal momento che non si sa in quanti concorsi i semplici dottori siano stati preferiti ai dottori di ricerca. E' da ritenere però che il loro numero non sia tanto esiguo dal momento che negli ultimi sei mesi, cioè da quando sono stati distribuiti i primi titoli di dottore di ricerca, sono stati espletati ben più degli otto concorsi che si sono aggiudicati i dottori di ricerca. A queste domande si può tuttavia dare una risposta: occorre adeguata documentazione ed una maggiore lasso di tempo per una analisi meno rozza di quella che oggi si è potuto presentare.