Giovanni Flechia - Universitàdi Torino 1872-73
Versione HTML di Stefania Spina © 1996


Indice degli autori citati (A-D)

Indice autori
Indice E-Z


Alione

L'antico astigiano come si vede nelle opere d'Alione del sec. XVI ha netezar (nettoyer), vernezar per frequentar le taverne.

Bembo

Vedi Castelvetro

Biondelli

Il bergamasco per portamo (che sarebbe il riflesso fedele del latino) dice amporta. Il Biondelli disse che la desinenza (am) era stata preposta e il Diez ha accettato questa opinione. Ma essa è del tutto inaccettabile già che sarebbe un fatto unico nelle lingue indo-europee. Questo fatto sottrarrebbe il dialetto bergamasco allo stipite e questo èimpossibile. Amporta non èaltro che una terza persona impersonale che sta per uom porta (come on porte francese) e questo uom essendosi appoggiato alla parola l'a èstato sostituito all'o per un cambiamento che si trova anche nel napoletano dove occiso = acciso.

Bonaini

Qui trova il suo luogo la parola fiata da alcuni falsamente connessa con vix, vicis mentre si connette con via. Da vix, vicis nello spagnuolo e provenzale s'èderivato vegata, vegada, e nei dialetti de' Grigioni hassi la forma aferetica gada che non si puòstaccare da vegata. Negli Statuti Pisani pubblicati dal Bonaini si ha pure vicata.

Bopp

Cosìprocedendo si acquista una vera critica scientifica. Con questa il Bopp prima dei grandi progressi linguistici avea dimostrato che doveano esistere certe regole morfologiche, e la scoperta degli inni Vedici hanno pienamente confermato le sue sentenze.

Cosìil linguista segue una parola nelle sue varie trasformazioni, e cosìanche avverte le relazioni delle varie lingue tra loro. Il Bopp che si puòdire il fondatore della linguistica, avea da questo studio comparativo devinato che nel sanscrito archaico ci doveano essere certe forme che la pubblicazione dei Vedi hanno mostrato vere. Così il Cuvier da un dente di un animale era capace di indovinarne l'intera struttura, col potente suo genio.

Buti

In Dante trovasi anche turbo ma siccome il Buti chiosò questa parola dicendola forma di grammatica ciò prova che nemmeno a quel tempo non era popolare.

Canello

Per esempio alcuni, tra i quali il Canello fa venire da furare il nome fur, furis. Questo è come chi facesse venire regno da regnare. Verosimilmente invece da fur, furis viene furare. E giàche abbiamo questa parola tra le mani non è inutile osservare che noi troviamo questa parola furo in Dante:
e mai non fu mastino sciolto
con tanta fretta a seguitar lo furo.

Ora essendovi questo furo in italiano possiamo credere che esso stia ad un latino furo, onis, come ladro sta a latro, onis. Questo poi è confermato dalla presenza nel dialetto sardo della parola furone per ladro, fatto tanto piùimportante quanto quel dialetto conserva piüfedelmente molte voci latine che andarono perdute nei dialetti continentali. (...)
Furo sarebbe perciò il doppione, le doublet di fur, furis, chiamandosi dai francesi doublet questa forma obliqua di un nome.


Il signor Canello, che scrive nella Rivista di Filologia Romanza che si pubblica ad Imola vorrebbe connettere il nome furo ladro col verbo furare; devesi però notare che i nomi quando hanno valore personale non vengono da verbi ma solo quando hanno un significato astratto. E' da credere che anche in latino ci fosse furo, onis, già che abbiamo furunculus, che si connette con quello, come latrunculus con latro, onis. (...)
Furo, onis sarebbe il doublédi fur, ris come in italiano si ha sarto, sartore ecc... L'esistenza poi di un furo, onis in latino viene confermato dalla presenza ne' dialetti sardi di furone, e furuncu = furunculo. Invece in sardo abbiamo sa fura (il furto), da connettersi con furare.

Cantù

Nel friulano pure si ritrova la forma accusativale e il Cantù parlando delle origini della lingua italiana errò nell'affermare che questo dialetto conserva la forma latina; e per provarlo cita in tantis miseriis che secondo lui in quel dialetto rifletterebbe l'ablativo. Egli non osserva che nel friulano il latino as = is e per tu monstras il friulano dice tu mosdris; dunque in tantis miseriis nel friulano come pure le forme analoghe riflettono l'accusativo latino.
 

Castelvetro

Lazzo nel senso d'acerbo adoprato anche da Dante parlando dei sorbi non è altro che acido = acdo = azzo cui si concrezionò l'articolo. Il Castelvetro che mostrò talvolta un certo acume linguistico nelle aggiunte alle prose del Bembo mise fuori la congettura che lazzo venisse da acido.

Insomma il futuro subisce le stesse trasformazioni che il verbo avere, e questa derivazione del futuro fu in certo modo intravista anticamente da Antonio De Nebrija e anche poi dal Castelvetro uomo d'acume critico.

Cellini

Così Cellini per esempio invece di scrivere Laocoonte, scrive Laoconte.

Cittadini

Il sardo poi più fedele al tipo latino ha la forma del verbo habere che premette all'infinito del verbo per fare il futuro. Queste forme trovansi pure nelle iscrizioni del romano volgare, ed in una citata dal Cittadini si legge: essere habetis (= sarete). Il simbolo di S. Atanasio ha: resurgere habent.

Columella

In italiano poi abbiamo fatto da coperchio coperchiare di cui non havvi riflesso in latino; si trova solo operculare in Columella.

Corssen

In latino abbiamo pure un raddoppiamento radicale in carcer. Né qui sarà fuori di luogo osservare che è oramai provato che i latini pronunziavano con suono gutturale anche il secondo c (quello innanzi l'e ) che noi pronunziamo con suono palatino. Lo stesso avveniva di Cicero dove i due c aveano suono gutturale. Chi volesse ben conoscere questa materia potrebbe consultare il Corssen sulla trattazione della pronunzia latina.

Prendiamo ad esaminare sedare. La radice indo-europea di questa parola èsad. A proposito di questa radice si sono fatte alcune osservazioni. Alcuni linguistici la vorrebbero ritrovare anche in sido, e tra questi il Corssen che sostiene il cambiamento dell'a in i. Ma si oppone a questa sentenza il fatto che noi troviamo questo cambiamento dell'a in i solo nei composti; come da facio viene conficio o nei raddoppiamenti come can di cano diventa cin in cecini. Ma se la radice non fa che passare da una lingua in un'altra, ciònon avviene. Perciò noi sosteniamo che sido èforma raddoppiata al pari di gigno, e che perciòsido sta per sissido = sisdo = sido.
Ritornando a sedare, esso viene da una forma sanscrita sadaja, che vuol dire "far sedere" e subito si vede il nesso logico fra sedare e far sedere.


Imitari perciò deriverebbe da una radice ma indo-europea che ha il significato di "misurare", logicamente connesso con imitare. Il Corssen non ammette questa aferesi per dissimilazione, e fa venire imitari da una radice ic che si trova in una parola icmes, donde imus, che si ritrova in aemulus ed aequus.


Vi è un verbo intorno al quale devonsi fare speciali osservazioni. Questo èjubere che si sarebbe tentati di far venire da una radice iub. Ma questa radice non avrebbe alcun riscontro con altre indo-europee. Noi seguendo il Corssen lo faremo venire da habere, a cui è stato apposto il prefisso ju come a dicere è stato apposto lo stesso prefisso in judicare. Vi sarebbe stato adunque in origine un verbo jushibeo col significato di "comandare"; e veramente tra l'avere il diritto e il comandare c'è un nesso logico evidente, perché si comanda a colui sopra il quale si ha jus.


C'è il suffisso eto che dà pure origine a molti nomi locali, e non ha un'origine indo-europea ma latina. Il Corssen forse a ragione vede in tali nomi una forma participiale latina come consuetus. Infatti i participi passivi latini sono formati per mezzo del suffisso to (= ta indo-europeo) che viene unito alla radice per mezzo di a, e o i; quindi amatus consuetus, auditus. Quindi i nomi in eto sarebbero sostantivi participiali come fatum, e tale opinione troverebbe una conferma nella forma che assumono di nomi propri secondo i vari dialetti, rispondendo sempre alla forma del participio quale si rinviene in quel dato ambiente dialettico. Se un dialetto dice ad es. amà per amato, dirà pure Castegnà per Castegnata.


Aemulus è un nome la cui etimologia fu studiata dal Corssen il quale connette questo nome con una radice iom donde sarebbe venuto aiomulus , e poi aemulus ; si avrebbe la stessa radice che in aequus , e la stessa pure che in imitari o piuttosto in imari la cui esistenza dal sostantivo imago ci èprovata, giàche imago sta ad imari come vorago sta a vorare .


Pulcer ha dato pulcellus che dobbiamo pronunziare gutturalmente come i latini secondo vuole il Corssen il quale ha provato che la gutturale avea durato fino al IV o V secolo.


vedi Curtius


Capistrum da capio ha pure un s . Quest's da alcuni è stato considerato come epentetico ma non si vede la ragione di questa epentesi. Il Corssen vede in queste forme delle forme nominali rispondenti ad un sincopamento analogo a quello che ha luogo in faustus , sincopato come fotus da fovere .


Intorno a vestibulum non tutti sono d'accordo; il Corssen ci vede la radice vas sanscrito col suffisso ti e poi col suffisso bulo.


Il Corssen nel suo Critische Beitrage mette innanzi invece della forma greca issa, delle forme etrusche come quelle che avrebbero prodotto nel latino la forma issa e quindi nell'italiano essa e cita le forme etrusche Apicesa e Latinisa con che si indicano le mogli di Aepico e di Latino. Ma questa idea del Corssen non ha tanto valore da potere distruggere la grande probabilitàe quasi certezza che la forma essa rifletta il suffisso greco.


A questa teoria dell'accusativo sostenuta dal Diez è stata opposta la teoria del nivellamento propugnata dal Pott, dal Corssen e da altri. Questi sostengono che la forma del nome italiano è una coincidenza delle tre forme nominativo, accusativo e ablativo abbandonate a sé stesse e trasportate nel campo dei dialetti. Questa teoria del Corssen ha un valore logico innegabile ma gli argomenti che stanno per la prevalenza dell'accusativo sono tali da non lasciar più dubbio come si è visto. Dunque l'accusativo è quello che somministra la forma del nome italiano ed anche nelle lingue dell'Europa occidentale l'abbandono dell'm accusativale è regolare.

Curtius

Stilla non viene come vorrebbe il Curtius da stiria che farebbe stiriola, ma ben s'appone il Corssen facendola venire da una forma stira (stirula = stirla = stilla).

Cuvier

vedi Bopp

Dante

vedi Canello

 


L'u lungo non diventa mai o. Abbiamo solo un esempio in Dante che adopera sovente lome per "lume" , e sebbene molti dicano che l'Alighieri non fece mai nulla a cagione della rima, pure non temiamo di affermare che dobbiamo alla rima questa parola che Dante prese dal dialetto bolognese, e che invano avrebbe cercato nel dialetto toscano, il quale è più fedele alle regole fonetiche nel prendere parole dal latino.


Così pure il verbo ferre èpassato alla quarta, come si vede in offerire che prima era offerere. Troviamo in Dante Par. XIII, 140:

Per veder un furare altro offerere.


Il c altre volte si tramuta in z come in bezzicare da becco, e spiluzzicare che si connette con pilare dove si può notare la forma pil e non pel la quale è propria della vocale accentata; perciò dicesi pelo dove l'i si è rinforzato in e; ma Dante poi usa piloso che non è un ripristinamento della forma latina bensì effetto della trasposizione dell'accento dalla prima alla seconda sillaba (come doliciccare per dolere).


Il verbo cogitare latino sta per cumagitare; (...) in Dante trovasi coto che è forma passata pel crogiuolo popolare. Si ritrova nel verbo oltracotare, tracotanza = ultracogitare.


Conciare viene da comptiare che deriva da comptus per mezzo dell'i, e infatti vuol dire "ornare", "ordinare". Dante c. 15 par. v. 101 usa il participio contigiato , forma derivata come alterigia da altiero.


vedi Castelvetro


Da monco s'è fatto moncherini per significare i bracci mozzi e così l'usò Dante:

levando i moncherin per l'aura fosca


Del neutro sono rimaste qua e là alcune forme sporadiche come in ciò il cui o non è eguale a quello che abbiamo in lupo; ciò viene da ecce hoc, come però viene da per hoc. Nella Divina Commedia Dante usa introcque per "intanto" , ma riprova questa voce nel volgare eloquio; viene da inter hoc col complemento di que; così dunque si considera nato da tunc e da que.


Oltre questo ci mostra due fenomeni morfologici ossia il cambiamento di genere e il cambiamento di declinazione. Candelo fu usato al maschile da Dante ed è forma sanese.


vedi Fanfani


Vedi Buti


Fu difficile ad introdursi pei feminini della terza la forma i perché c'era lotta tra il genere e la forma. Ripugna meno la forma e al singolare sebbene anche qui si osserva che molti aveano preso la forma a soprattutto in bocca al popolo che segue la coscienza linguistica. La forma i ripugnava più perché i al plurale è tipo maschile; e quindi nel trecento il popolo che sentiva questa ripugnanza diceva: le force, le prece e gente turpa ecc.... che si trovano anche in Dante.

De Nebrija

vedi Castelvetro

Dehlius

I verbi della I conjugazione si sono mostrati in italiano più fermi degli altri ed abbiamo forse un solo esempio di un verbo della I conjugazione che sia passato alla seconda. Questo èarrogere che viene da arrogare . Il Dehlius lo vorrebbe far venire da adjungere cangiando il d in r, e ammettendo un processo che presenta serie difficoltà.

Diez

Il verbo andare secondo il Diez, non sarebbe che un frequentativo cioèaditare. Vi si è introdotto l'n come in adito divenuto andito. Quindi anditare = andtare = anddare = andare.

Il Diez ha dato del verbo cozzare una etimologia che ha molta apparenza di vero ma che non resiste dinanzi ad un altra etimologia. Vorrebbe il Diez connettere cozzare con un verbo icere (cfr. ictus) preceduto da cum, cioècumicere il quale, nello stesso modo che da cumagere viene cogere e poi coactus, farebbe al participio coictus = coctus = coctius donde coctiare = cozzare. Secondo altri invece che ci sembrano aver ragione, cozzare si connetterebbe con coccia che non sarebbe che il conca latino colla perdita dell'n avvenuta in coquille francese.


Viene ora il verbo ammazzare al quale i dotti hanno dato varie etimologie. Il Diez lo deriverebbe da mazza venuto da matea latino che non esiste in questa forma, ma solamente nel suo diminutivo mateola il quale ci dà a vedere l'esistenza anteriore di matea, come plateola viene da platea, donde piazza. Così da mazza, ammazzare "uccidere con mazza". A noi sembra che ammazzare si connetta molto meglio con admactiare (mactare), da cui verrebbe il mattator spagnuolo e il mattatoio dell'italiano.


L'aggettivo sozzo viene da sudicio e non da sucido come vorrebbe il Diez colla caduta del d; perchéda sucio verrebbe sozzo collo z forte, e invece è debole.
La pronunzia in genere è una buona regola per argomentare la derivazione d'una parola. In dozzina, per esempio, dobbiamo notare che gli z sono deboli. Questa parola viene da dodicina donde dodcina e qui ha avuto luogo una assimilazione progressiva molto interessante; per la quale il d ha comunicato al gruppo zz la propria debolezza; se invece, supponiamo, si avesse avuto dotcina il gruppo zz sarebbe stato forte.


Così il piemontese ha martlé per martellare; se fosse divenuto marclé si avrebbe avuto march in piemontese. Secondo il Diez il nome marcia si connetterebbe con un nome teutonico Marca divenuto anche nome di una parte d'Italia. Lo Sheller ha messo fuori una nuova etimologia connettendolo appunto con martellare nel senso di "battere"; c'è pure un trapasso logico come diciamo: "battere la campagna": questo è confermato anche dall'esistenza nell'antico francese di marcher nel senso di "battere".


Nell'Emilia infatti è Bril o Brel. Ma siccome nell'emiliano c'è metatesi quando l'e è disaccentata (e si trova nello stesso dialetto che freddura diventa ferdur; fregare diventa fergar) ne consegue che necessariamente si dee avere Berleda. Questa parola significa quelle parti delle sponde che le acque d'un fiume ritirandosi lasciano scoperte. E' ciò che dicesi comunemente "greto" che non è altro che un glaretum da glarea (glareto = ghiareto come glarea = ghiaia). Mal s'appose il Diez volendo vedere del teutonico in questo greto. Il Galvani parlando di questa parola Barleda, la farebbe venire da bar che vorrebbe dir "nudo", e da leda che egli connette con landa; vorrebbe quindi dire "nuda terra". E' del tutto assuda questa derivazione.


Nel romano volgare esisteva vinciculum donde l'italiano vinciglio. Il Diez nell'italiano vinco vorrebbe vedere un primitivo di cui vinculum sarebbe un diminutivo. Questa opinione non è giusta, già che è più verosimile che vinco sia una forma apocopata di vincolo come lama di lamina. Questa forma tronca è generale e regolare in alcuni dialetti, come nel sardo che per umbraculum ad esempio fa umbracu.


Sucido italiano non ha dato luogo secondo che il Diez crede a sozzo ma èsudicio che ha prodotto sozzo (sudicio = sudcio = sozzo) e si conosce dal suono dolce degli z; così in dozzina è dolce il suono degli z perché viene da dodicina = dodcina e quindi dozzina.


Seguitando a fare qualche ossevazione sui nomi foggiati pel suffisso ido, notiamo che il Diez vorrebbe che ratto nel senso di "veloce" venisse da raptus, mentre che è molto più verosimile che venga dal sincopamento di rapido con assimilazione reciproca quantitativa e qualitativa.
C'è un uccello detto in latino motacilla, in italiano cottrettola e il Diez lo farebbe venire da coda retta. Ma è proprio di quell'uccello non di avere la coda retta ma di dimenarla e infatti i vari nomi che ha ne' vari paesi indicano tutti il dimenar della coda; così il toscano lo chiama coditremola e il francese hochequeue. Quindi crediamo che cottrettola non sia altro che coditrepidola che sincopandosi deve dare necessariamente cottrettola. Invece da coda retta non sarebbe regolare la trasformazione in cottrettola giàche bisognerebbe supporre che d in contatto di r si rinforzasse e questo non è regolare perchédr non ripugna al genio della lingua.


Il Diez vorrebbe che partigiano e artigiano venissero da partitus e da artitus; ma questo non si puòammettere perché abbiamo troppi esempi in italiano che riconducono la nostra forma igiano ad ensiano e ne abbiamo parlato nella precedente lezione. Questa supposizione del Diez non varrebbe per tutti i casi; abbiamo per esempio planities che dà regolarmente pianigia (perchéitia = igia); eppure non possiamo far venire pianigiano da planities, perché abbiamo per esempio alpigiano che viene da alpensianus; montigiano che viene da montensianus e quindi dobbiamo concludere che anche pianigiano viene da planensianus. E che cortigiano sia derivato da una forma cortensianus apparisce dalle forme courtisan, cortesan del francese e provenzale. Infatti cortensis ha dato cortese come offensa ha dato offesa. Concludiamo che l'opinione del Diez non è ammissibile.


Accennammo nella passata lezione alla forma complessa itano subordinata all'influenza greca, e quindi si hanno Panormitanus, Constantinopolitanus, ecc....; ora dobbiamo notare alcune forme del sardo il quale chiama golfitano un tonno che sta ne' golfi dalla forma greca kolpites donde colpitanus = golfitano. Il sardo ha anche torritano. Da ciò si rileva che partitus e artitus avrebbero dato partitano e artitano e questa è nuova ragione fonologica contro il Diez.


Vi ha un nome feminino provana che non è altro che una corruzione di propaggine; cade il g come in maestro, saetta, e rimane probaina donde provaina = provana; cosìfragilis = frale, e propago diventando provana fu tirata alla prima declinazione dal genere feminino. In italiano vi è poi anche la forma di propaggine; e così hannosi le due forme di borraggine e di borrana. In quanto alla parola frana che il Diez vorrebbe fare venire da fragmina, crediamo essere invece una derivazione da vorago. Come propagine ha dato provana cosìvoragine dàprima vorana, poi questo si sincopa in vrana come ne' dialetti coronacruna. Ma il toscano non vuole il gruppo vr; l'r aspirativa rende aspirata la semivocale e la trasforma in f; e quindi si ha frana; non altrimenti paraveredus divenendo paravredus ha dato parafreno e palafreno. Ognuno vede la connessione logica tra vorago e frana, e, se ben ci ricorda, Quinto Curzio dice in un luogo d'un esercito: "implicatur voraginibus" e sembra che voglia dir "frana".


Fastello secondo il Diez sarebbe fascettello sincopato; ma non è perché la sincope non può fare scomparire il suffisso etto. Invece fastello viene dalla forma fasciatello o fascitello dove il t è solamente un elemento di derivazione come l, r, c e allora la sincope non produce alcun fenomeno irregolare.


In quanto agli altri suffissi ardo, aldo, esco, possono farsi le stesse osservazioni e con ciòchiudiamo la trattazione dei temi rimandando per la parte latina allo Schweizer-Sidler (Teorica dei suoni e delle forme ecc....) e per la parte neo-latina al Diez.

Vedi Corssen


Vedi Biondelli

Ducange

Si aggiunge poi ino ad altri diminutivi come: gonnellino, campanellino, ghiotterellino, bambolino e il già citato marmlin piemontese che riflette minimellimus che si trova nel vocabolario del medio-evo del Ducange.

Durando

Così non è del tutto regolare la forma di Canavesano, nome piuttosto recente, la cui forma toscana sarebbe Canavigiano. Alcuni danno come forma latina Canapisium da cui Canavese sarebbe derivato; ma basta leggere gli scritti del Durando sulla marca d'Ivrea per vedere come sia fittizia questa forma; la vera forma èCanapensis = Canabensis = Canavensis donde Canavese e da Canapisium non sarebbe mai venuta la forma vernacolare Canaveis.

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