Ora venendo ai verbi derivati per mezzo del suffisso ic, già trovato in latino precedentemente, troviamo una classe di verbi sufficientemente numerosa, come mordicare, gemicare, bulicare. Da quest'ultimo verbo deriva in francese e in piemontese il verbo bouger, come da collocare viene cougè in piemontese.Nel verbo cougé, l si è vocalizzato in u secondo un fenomeno che pure nel dialetto napoletano rinvienesi, dove alto diventa auto, simile al francese haut che poi fu pronunziato hô(t), ma che in origine si pronunziava in due sillabe. Così pure in due sillabe si pronunziava fait, e la ragione è questa che l'ortografia fu fermata, prima che si fermasse la pronunzia, la quale agì più tardi sopra le parole. Ciò non avvenne in italiano dove nel trecento si fermò la pronunzia.
Il verbo cascare = casicare deriva dal frequentativo casare per mezzo del suffisso ic.
Per molti verbi vi è dubbio se vengano da un nome o da un aggettivo. Per biancicare p.e. sappiamo che viene da bianco; ma se avessimo zappicare staremmo incerti se viene da zappare o da zappa.
Tale è pure affumicare che ci lascia incerti se venga da affumare o da fumo.
Nei verbi derivati per mezzo del suffisso ic entrano nevicare, vercicare per verdicare da verde, caricare che viene da carro come lo prova l'antico carricare usato da Venanzio Fortunato. Rammaricare non è altro che amaricare latino col raddoppiamento dell'm.
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Ogni forma di nomi si presta alla derivazione, qual più qual meno. Abbiamo già visto come tanto in latino che in italiano sia numerosa la classe dei verbi derivati per mezzo del suffisso ic. Bisogna sapere anche ritrovare questi verbi tra quelli che andarono soggetti a qualche cambiamento, come cavalcare = cavalicare = caballicare che andò soggetto a sincope; varcare = valicare.
Il piemontese cargué che vuol dir "premere" non si connette come potrebbe sembrare con caricare, bensì con calcare, e infatti vuol dir "premere". Da caricare in piemontese viene carrié per mezzo dell'eliminazione propria a questo dialetto della gutturale.
Quelli derivati per mezzo del suffisso ello talvolta hanno anche il suffisso ic. Così ponticello, venterello che ha anche il suffisso er.
Troviamo poi verbi come doliccicare, pioviccicare nei quali vi è un suffisso complesso, iccio, che si connette con altri suffissi dei quali parleremo in appresso.
Tra questi verbi che hanno il suffisso iccio non va posto appiccicare che deriva da appiccare in cui le due gutturali si tramutano in palatine. Il c altre volte si tramuta in z come in bezzicare da becco, e spiluzzicare che si connette con pilare dove si può notare la forma pil e non pel la quale è propria della vocale accentata; perciò dicesi pelo dove l'i si è rinforzato in e; ma Dante poi usa piloso che non è un ripristinamento della forma latina bensì effetto della trasposizione dell'accento dalla prima alla seconda sillaba (come doliciccare per dolere).
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Diamo ora un occhiata al sardo, considerandolo brevemente secondo la logica e la morfologia. Ognun sa come sia da linguisti diviso in meridionale e settentrionale. Vi è nel sardo meridionale (diviso in campidano, tempiese) la parola bulicà che vuol dire "involgere" da non confondersi con bulicare già esaminato, perché questo viene da volvere.
Così calcicà viene da calcare. Il bresciano per "ansare" ha bolzigà che si connette con bolzo e col latino pulsare. In piemontese "ansare" dicesi tranfie!
Il romanesco ha zompicare, punzicare, col rinforzamento del g in c proprio della media Italia.
Il napoletano ha mmertecà che vuol dire "rovesciare" (nel senso del nostro rimbaltare) e si connette col prototipo latino inverticare.
Il dialetto napoletano fa l'aferesi dell'i, usato del resto anche dagli scrittori toscani quando dicono: lo 'mperatore, lo 'ngegno ecc.... Rimane adunque nverticare. Ora siccome nv = nb = mb = mm: perché prima il v si rinforza in b; poi il b chiama quella del proprio grado cioè la labiale m, e questa alla sua volta per assimilazione tramuta in m il b. Quindi abbiamo mmerticare = mmertecà.
Per lo stesso cangiamento dell'mb in napoletano combattere = commattere; e plumbo = chiumbo = chiummo. Il napoletano oltre le forme tronche ha anche le intere che adopera in certi casi, mentre altri dialetti hanno solo le forme tronche, come si vede nel piemontese andè, annodecà, aunetrecà, che risponde a nigricare.
Vi è in piemontese un verbo che risponde al rimboccar (le lenzuola) del toscano ed è arvertiè, ovvero svertiè.
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Per tornare ad arvertiè esso viene da reverticare. S'ingannerebbe però chi facesse venire entortiè da intorticare perché se noi osserviamo la III persona indicativo presente singolare abbiamo entortìa coll'accento sull'i, il che ci fa vedere che questo è una contrazione di entortillà; simile a quella che da conseiller fece consiè, e da somigliare fece smià. Fonte primitivo di entortiè è intorticulare.
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Nel dialetto piemontese c'è l'abbandono della gutturale come si vede nei verbi carriè, rampiè, mastiè per caricare, rampicare, masticare; da bulicare viene per indebolimento bouger, come da collocare cougé.
Con ciò finisce la trattazione de' verbi derivati per mezzo del suffisso ic. Tuttavia parlando dei verbi italiani in eggiare saremo talvolta costretti di riparlare anche di quelli in icare.