Veniamo ora ai nomi foggiati per mezzo del suffisso ido; in questi ci si presenta il più delle volte l'idea della radice verbale e per solito anche il verbo: cupidus, rapidus, sapidus, vividus, fluvidus danno a vedere chiaramente i verbi con cui si connettono.Altri si connettono con temi verbali derivati; algidus, aridus, splendidus, lucidus, nitidus, timidus, tepidus, turgidus, placidus, tabidus, avidus, frigidus ecc....
L'e lungo del tema verbale talvolta si conserva in certi nomi come torpedo, frigedo, gravedo così abbiamo mucidus e mucedo.
Alcuni nomi sembrano connettersi con verbi della prima, come fumidus, herbidus, morbidus che accennano a verbi perduti; questi aggettivi sono piuttosto rari; fumidus sembrerebbe accennare a fumare.
Stolidus non ha verbo con cui connettersi; ma che questo verbo sia esistito è provato dalla forma participiale stultus. Questo verbo sarebbe stolo, come colo che fa cultus al participio passato e vol fa vultus perché l'o davanti a un l cui tien dietro un'altra consonante si attenua in u.
Lo stesso avviene talvolta dell'e; così sepelio fa al participio passato sepultus. Anche l'u di cultrum è certamente trasformazione di a di e o di o.
Laetus è pura forma participiale analoga a stultus e sta per plaetus e si connette colla radice indo-europea pri (sanscrito ) che significa "esilarare"; limpidus è connesso colla radice greca LAMP; vapidus colla radice indo-europea vap (sanscrito ).
In questa categoria vi hanno anche forme contratte come crudus, nudus, udus, tardus, surdus. Crudus si connetterebbe con cruor, e sta per cruidus; udus sta per uvidus (uvidus, uidus = udus); nudus sembra che stia per nugdus (cfr. sanscrito nagna) essendosi fognato il g davanti al d; così tardus, surdus stanno per taridus e soridus.
Così valde e caldus sono sincopati; caldus ha dato luogo al chaud francese per mezzo della vocalizzazione dell'l.
Luridus sincopandosi dà lordo in italiano; come nitidus dà netto, limpidus dà lindo fognandosi la consonante mediana p, come in comptus che dà conto. L'm si mantiene finché è davanti il p labiale; fognato il p, viene assimilato qualitativamente dalla dentale e quindi passa in n.
Sucido italiano non ha dato luogo secondo che il Diez crede a sozzo ma è sudicio che ha prodotto sozzo (sudicio = sudcio = sozzo) e si conosce dal suono dolce degli z; così in dozzina è dolce il suono degli z perché viene da dodicina = dodcina e quindi dozzina.
L'assimilazione è l'effetto di un suono sopra un altro, o di due suoni l'uno sull'altro reciprocamente. In genere l'assimilazione è regressiva come legtus e scribtus che per influenza del t diventano lectus, scriptus. Talvolta però è anche in senso progressivo come in nitidus che diventa netto per effetto della t antecedente sul d seguente, e in genere è la forte che vince e assorbisce la debole.
In sudicio che si sincopa in sudcio c'è differenza quantitativa e qualitativa; il d però che insieme col c si fonde nel doppio z fa sì che questo abbia suono debole.
Si noti ad esempio la differenza di suono tra mèzzo e mézzo; il primo da medio deriva, e quindi in forza del d è debole il suono del zz; invece mézzo che viene da mitius per influenza del t ha forte il doppio z. Mitis volea dire "maturo"; mitius volea quindi dire "stramaturo" e questo è il significato di mézzo in italiano.
Rezzo viene da rudius. In vari dialetti si trova nezzo, nizzo, nis nel senso di "contuso e livido", e non è altro che mézzo col cangiamento di m in n.
Da fracidus donde fradicio si dovrebbe avere frazzo che c'è in antico.
Lazzo nel senso di "acerbo" adoprato anche da Dante parlando dei sorbi non è altro che acido = acdo = azzo cui si concrezionò l'articolo.
Il Castelvetro che mostrò talvolta un certo acume linguistico nelle aggiunte alle prose del Bembo mise fuori la congettura che lazzo venisse da acido.
Da frigidus per sincopamento abbiamo freddo, e tale sincopamento erasi mostrato anche quando era ancor vivo il latino come si vede da un'osservazione dell'appendicista all'arte grammatica di Probo che indica frigdus come forma da evitarsi.
Così Magdalena ha dato Maddalena. Per rigido in antichi documenti sanesi si trova reddo (cfr. francese roide).
Con questo suffisso ido non vi sono creazioni nuove in italiano ma solo l'eredità latina. C'è ripido che ci lascia in dubbio se venga da ripa o da rupes col cangiamento dell'u in i.
Sbialdo da sbiarido ci fa forse supporre che c'è solo lo spostamento d'accento, come in fegato, che non è altro se non jecur ficatum; già che i fegati dai cuochi si soleano ingrassare coi fichi ed era parola del linguaggio culinare. Jecur è parola ariana (cfr. sanscrito jacrt, greco HPAR) e fu soppiantata dall'aggettivo; in greco questo aggettivo è SUKWTOS.
Non ci deve sorprendere la fortuna a cui sovente vanno soggette le parole. Pré in piemontese è il ventriglio degli uccelli e non è che un petrario perché nel ventriglio degli uccelli trovansi pietruzze. Tale trasformazione di petrario in pré è regolare nell'ambiente piemontese dove ario = e; il primo e disaccentato si elimina; il t cade e si ha pré.
Anche negli altri dialetti si hanno per lo stesso nome delle voci che corrispondono logicamente a petraio, e così viene confermata la derivazione da noi data della voce piemontese.
Seguitando a fare qualche ossevazione sui nomi foggiati pel suffisso ido, notiamo che il Diez vorrebbe che ratto nel senso di "veloce" venisse da raptus, mentre che è molto più verosimile che venga dal sincopamento di rapido con assimilazione reciproca quantitativa e qualitativa.
C'è un uccello detto in latino motacilla, in italiano cottrettola e il Diez lo farebbe venire da coda retta. Ma è proprio di quell'uccello non di avere la coda retta ma di dimenarla e infatti i vari nomi che ha ne' vari paesi indicano tutti il dimenar della coda; così il toscano lo chiama coditremola; e il francese hochequeue. Quindi crediamo che cottrettola non sia altro che coditrepidola che sincopandosi deve dare necessariamente cottrettola. Invece da coda retta non sarebbe regolare la trasformazione in cottrettola già che bisognerebbe supporre che d in contatto di r si rinforzasse e questo non è regolare perché dr non ripugna al genio della lingua.
L'aretino antico ha scialbedo; in italiano abbiamo scialbo da ex albus; e quindi scialbedo o scialbido riflette un exalbidus, essendo proprio di quel dialetto cangiar i in e; si trovano molte di queste particolarità del dialetto aretino in una specie d'enciclopedia di Ristoro d'Arezzo, assai preziosa se si potesse incontrare un codice che riflettesse perfettamente il dialetto originale.
In piemontese si perde il d di ido e quindi invece di candido si ha candi pel maschile e candia pel feminino. Così tepido diventa tbi.
Nel biellese per tiepido c'è ciep che a prima vista se ne allontana assai ma che devesi necessariamente riconnettere con quello; perché in quel dialetto t = c.
Il piemontese per pallido dice spali coll's rinforzativo; per placido c'è pasi che presenta qualche singolarità; ma come in alcuni dialetti per più si ha pù così per piasi si ha pasi; potrebbe anche rispondere a un pacidus supposto, ma è più probabile sebbene meno regolare la derivazione da placidus.
Solido ci si presenta sotto tre forme; soldo, saldo, sodo. E' comune la perdita di l davanti a consonante; così nell'antico sanese si trova utimo = ultimo; abergo = albergo. In piemontese si ha seul e soli che vuol dir "liscio, levigato" e riflette solidus.
Brivido è parola di origine incerta; laido pure non ha parola con cui si connetta in latino.
Tutto questo suffisso come indo-europeo si fonda nella radice dha che vuol dir "porre" e che si trova nel greco TIQHMI e in composti latini come condere.