Come per il tema verbale, procederemo per il tema nominale tanto in latino che in italiano. In latino parlando de' suffissi formativi vedremo le relazioni di questi, secondo che si trovano nelle varie lingue indo-europee accennando però solo di volo a queste relazioni. Vedremo quali siano i tipi latini rimasti improduttivi nell'italiano; vedremo nomi assai rari in latino che in italiano divennero numerosissimi, e così conosceremo i due estremi di infecondità e di fecondità delle parole.Comincieremo dai nomi che hanno il tema monosillabico che perciò si confonde colla radice. Vi sono dei nomi che si presentano sotto forma monosillabica; mos, dux, pax, rex, lux, vox, faex, frux. In alcuni casi la vocale radicale è rimasta semplice, in altri s'è rinforzata; dux, ducis ha vocale semplice; vox ha vocale lunga ma che fosse breve ce lo dimostra vocatus.
In pax, pacis, l'a primitivo ha subito un accrescimento quantitativo e non essendo dittongabile si è allungato. Se invece troviamo i od u c'è coalescenza di dittonghi ed è perciò che nix lux anticamente erano neix, loux.
Van posti in questa categoria anche nomi come murmur che ci presenta raddoppiamento di radice: il quale ora come in questo nome ci presenta l'intera radice raddoppiata; altre volte solo una parte come in memor procedente da una radice sanscrita smar; la s andò perduta come nella radice smi, quando questa formò il mirus latino, donde anche mirari per mezzo del suffisso indo-europeo ra.
Altrove fu notato come anche vigil ci presenti raddoppiamento di radice, e come la radice sia gar (cfr. in greco EGEIRW che sta per GEGEIRW; e il francese garder).
Questi nomi in cui il tema colla radice si confonde, si trovano molto nei composti, come judex (dic) opifex (fac, fic), tubicen tibicen; auspex, remex, princeps, auceps, manceps, redux, conjux (c'è la radice di jungo: jug).
Si noti che la ragione per cui si ha tubicen (i breve) e poi hassi tibicen coll'i lunga, è questa che in tibicen vi fu l'incontro di due i; perché l'a e l'u finale cangiansi in tale caso in i come si vedrebbe per es. da un aggettivo lupivorus. In tibicen i due i fondendosi generano un i lungo. Così Cellini per esempio invece di scrivere Laocoonte, scrive Laoconte.
In praeses abbiamo la radice sed; in pes abbiamo la radice pad sanscrito nel senso di "camminare"; e siccome in greco si ha pod abbiamo la triplice rappresentanza di una stessa radice.
Seguendo una radice nelle varie forme fonetiche che assume, vien fatto di seguire ad un tempo i gruppi di popoli che prima tutti insieme formando un sol gruppo, dal ceppo primitivo si distaccarono, e più tardi si divisero tra loro. Queste divergenze fonetiche tra i latini e i greci servono per chiarire la maggior o minore affinità che tra questi due gruppi di popoli esistette.
Tradux ha dato in italiano tralcio col cangiamento del d in l; il tralcio in lombardo è tros perché l cade, c palatina si cangia in s, ed a in o; e tros non è altro che il tradux latino.
(...)
In forceps c'è un aggettivo formus che significa "caldo" ossia "che afferra le cose calde" essendo questo il primo ufficio delle tenaglie in mano del fabbro.
In praesul, exsul è manifesta la radice del verbo saleo che anche in consultare si ritrova.