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Corriere della Sera
Sabato, 20 dicembre 1997
Esteri

 

PARI OPPORTUNITA'/ Il presidente Chirac appoggia l'iniziativa. Per Anna

Finocchiaro «cambiare le parole serve a dare un segno»

 

Francia, rivoluzione rosa nel linguaggio

 

Il governo Jospin ha deciso: tutte le cariche ricoperte da donne

verranno declinate al femminile

 

Tommaso Pellizzari

 

Il governo francese ha deciso: tutti i testi ufficiali dovranno

adeguarsi alla divisione del mondo in maschi e femmine. Perciò i

ministri femmine saranno «ministre», i direttori «direttrici», gli

ispettori «ispettrici».

 

La comunicazione ufficiale è stata data mercoledì scorso, al termine

del Consiglio dei ministri. La spinta decisiva a compiere questo passo

è venuta da Claude Allègre, responsabile del ministero dell'Educazione

nazionale. Dopo avere nominato quattro donne a quattro importanti

incarichi amministrativi, Allègre si è detto dispiaciuto che la lingua

della burocrazia non segua di pari passo l'evoluzione della società.

Una dichiarazione resa più significativa dal fatto che proviene dal

componente di un governo, quello di Jospin, in cui le donne hanno

grande visibilità, dal ministro del Lavoro Martine Aubry (figlia

dell'ex presidente della Commissione europea Jacques Delors) alla

titolare della Giustizia Elisabeth Guigou fino alla portavoce

dell'esecutivo, Catherine Trautmann. Così Jospin, con l'approvazione

del presidente Chirac, ha deciso per l'adeguamento del linguaggio.

 

«E' un segno importante» commenta Anna Finocchiaro, signora ministro

(così ha scelto di farsi chiamare) per le Pari opportunità. «I francesi

hanno il culto della loro lingua: per questo penso che dal punto di

vista simbolico questa sia un'innovazione importante». La signora

ministro («ministra non mi piace per motivi puramente estetici») cita

un caso in cui l'interpretazione letterale del termine al maschile

potrebbe causare notevoli inconvenienti: «Nel codice penale si

stabiliscono le pene per "chi cagiona la morte di un uomo". E chi

cagiona la morte di una donna?». E' solo uno dei tanti segnali dietro i

quali si nasconde una concezione maschile della realtà. «Una concezione

che mi ricorda di quando facevo il pretore e mi chiamavano

"professoressa". Era il massimo che si potesse concepire per una

donna».