L'Académie sfida il decreto che «femminilizza» i termini delle professioni: «Jospin vuol ingraziarsi il suo harem»
Gli «immortali» di Francia contro «la signora ministro» S. Ci.,
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
PARIGI - E ora gli «immortali» si ribellano. Passi chiamare «signora ministro»
Martine Aubry e le altre primedonne della «sinistra plurale». Passi che il primo
ministro Lionel Jospin ne raccomandi l'uso in pieno parlamento e che la tv si adegui
immediatamente. Ma la circolare no, la circolare supera ogni limite. Così, quando il
ministero dell'Educazione nazionale diretto da Claude Allègre, che pure ha frequentato
il mitico Mit (Massachusetts Institute of Technology), ha pubblicato un vero e proprio
codice per femminilizzare le funzioni e i titoli pubblici, gli accademici di Francia sono
insorti, brandendo le loro feluche come fossero spade. L'Académie fran´aise, tempio
delle belle lettere, delle belle maniere e della purezza nazionale, ha deciso di far
ricorso al Consiglio di Stato o al Consiglio Costituzionale o, perché no, a entrambi.
Ma che cosa suscita tanto scandalo? La circolare stabilisce in modo meticoloso i suffissi
da usare per trasformare i nomi delle professioni da maschili a femminili, quando la
lingua francese classica usa il genere maschile in senso generale. E fa precedere questo
catalogo da un fervorino per spiegare come la parità tra uomo e donna, sancita ormai
pienamente dalla Costituzione, richieda un comportamento conseguente. A scuola,
dunque, istitutori e istitutrici, maestri e maestre, professori e professoresse dovranno
insegnare agli allievi e alle allieve come scrivere e pronunciare i titoli in modo
«politicamente corretto».
«Da quando in qua i ministri si occupano dei neologismi?», si indigna Maurice Druon,
segretario perpetuo dell'Accademia. Una domanda piena di buon senso. Ma, in realtà,
nasconde ben altra preoccupazione, ben presto tradita: «Perché è stata emessa una
circolare prima che la commissione della terminologia consultata dal primo ministro
abbia espresso il proprio parere?». Allora, all'Accademia non interessa tenere a bada
l'invadenza del governo che si intromette anche su quello che dovrebbe essere l'uso
comune del linguaggio, ma soprattutto stampigliare sull'innovazione stilistica il
marchio dell'istituzione preposta. Il vero regno degli immortali è, dunque, la
burocrazia francese, infarcita di regolamenti e prerogative?
C'è anche chi mette in discussione la sostanza, non solo la forma. Marc Fumaroli,
accademico e fine studioso dell'arte della conversazione, ritiene che «la
femminilizzazione delle funzioni non serva la causa delle donne». E ricorda che «la
lingua non risponde alle circolari e finisce sempre per riprendersi i suoi diritti».
Qualche «immortale» preferisce l'arma dell'ironia a quella del ricorso alle supreme
istanze: «Sono gli effetti della poligamia di Jospin - sorride l'accademico Jean Dutourd
- che è circondato da sultane e, per far piacere al suo harem, rilancia una vecchia
idea». In realtà, fu Laurent Fabius, primo ministro socialista, a emettere la prima
circolare, 12 anni fa. Ma nessuno l'ha mai rispettata.