entrati nel dizionario
Da radioactivity a blairite, passando per Watergate e Aids
Beppe Severgnini
Se l'inglese è la lingua del mondo (lo è), dobbiamo perdonare agli inglesi
questa ennesima, ma utile, arroganza: hanno scritto la storia
del secolo attraverso cento neologismi, scelti tra le migliaia di
parole che ogni anno fanno il loro ingresso (trionfale, truffaldino,
silenzioso) nella loro lingua.
L'operazione è stata compiuta dai lessicografi dei dizionari Collins, e
commentata ieri da Philip Howard sul «Times» di Londra.
Prima di addentrarci nell'elenco, due considerazioni. La prima: il
quadro generale è piuttosto fosco; ovvero, le parole preoccupanti sono
più numerose di quelle allegre. La seconda: l'inizio è più serio della
fine. Si comincia infatti nel 1896 con radioactivity e si termina nel
1997 con blairite (fan di Tony Blair). Manca invece thatcherism. Se
fossimo nei lessicografi di Harper Collins, vivremmo nel terrore della
signora.
Vediamo, dunque, come la storia è passata di bocca in bocca. La prima
decade inizia con fingerprint (impronte digitali, 1901), usate per la
prima volta in India, poi in Inghilterra e nei libri gialli: un segnale
che, nel corso del ventesimo secolo, i delinquenti da identificare
sarebbero stati parecchi. Si passa poi a Teddy bear (1902,
l'orsacchiotto), tarmac (asfalto, 1903), suffragette (1906), allergy
(1907) per arrivare a jazz (etimologia incerta, 1909). Negli anni
Dieci, è subito chiaro che qualcosa non va. La parola del 1911 è air
raid; quella del 1912 schizophrenia; quella del 1915 tank. Cheka,
Bolshie e fascism tengono banco dal 1917 al 1919. Nel 1926, arriva
l'inquietante television, vocabolo bastardo: avrebbe dovuto essere
Proculvision, se si optava per il latino; o Teleopsis, se si sceglieva
il greco.
Negli anni Trenta incontriamo la Gestapo (1933) e Mickey Mouse (1936),
un nome che poteva indurre qualche speranza. Gli anni Quaranta
dimostrano che il mondo si sbagliava: si va infatti da jeep (1940) a
radar (1941, gli inglesi ce l'avevano, e noi no) fino a bikini (1946),
indumento sexy ma nome grave: è infatti quello dell'atollo dove in
luglio venne provata la bomba atomica. I due vocaboli successivi
introducono la guerra fredda: Big Brother (grande fratello, 1949) e
Nato (1950). Che negli anni Cinquanta la gioventù si dedicasse anche ad
altro è dimostrato dai seguenti neologismi: discoteca (1951), stoned,
ovvero sotto l'influenza di droghe (1952), rock'n roll (1953), Teddy
Boy (1954), Lego (1955, dal danese «leg godt», gioca bene), Angry Young
Man (1956, giovani arrabbiati). Negli anni Sessanta si va dalla
vendetta di Montezuma del 1962 (diarrea turistica, segno dei tempi)
alla minigonna del 1965 alla Rivoluzione Culturale del 1966 fino al
Moon Buggy del 1969. Il decennio successivo sforna vocaboli prolifici:
Watergate nel 1972, da cui molti scandali del mondo (anche più seri
dell'originale) presero il nome; punk nel 1976 (che ha figliato molte
rumorose mode musicali, tra cui il grunge); e ERM/European Exchange
Mechanism del 1977, il papà della futura EMU/Unione Monetaria Europea.
Siamo in dirittura d'arrivo: i neologismi diventano quasi ovvii. Nel
1982 sbarcano i CD/compact disc, che dopo breve ma cruenta battaglia
distruggono gli LP/Long Playing. Nel 1983, c'è l'AIDS. Nel 1984 gli
yuppies, e l'anno dopo la glasnost. Nel 1989 la bella rivoluzione di
velluto seguita dall'orribile ethnic cleansing (pulizia etnica, 1991),
dalla futuristica information superhighway (1993) e dall'insulso
alcopop (1996), bevanda alcolica dolce che ha entusiasmato i minorenni
britannici (solo loro, per adesso).
Come abbiamo spiegato, tutto questo riguarda la lingua inglese. Sarebbe
interessante ripetere l'esperimento con l'italiano, e vedere quando
siamo arrivati tardi e quando, invece, abbiamo anticipato i tempi.
Perché è accaduto anche questo.
Se l'espressione VAT (Value Added Tax, imposta sul valore aggiunto), è
il neologismo inglese del 1973, la nostra IVA risale al 1972. In alto i
cuori, dunque: in materia di tasse, non ci batte nessuno.