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Il Messaggero
Venerdì, 6 Dicembre 1996
Cronache italiane

 

PAROLE E SALUTE, UN SONDAGGIO IN MILLE FAMIGLIE

 

Il medico parla difficile: solo un italiano su due capisce il linguaggio e le ricette

 

di CARLA MASSI

 

ROMA - "Insieme dei provvedimenti atti a prevenire la diffusione delle malattie, in particolare di quelle infettive". Questa è la definizione che il vocabolario Zingarelli dà della parola "profilassi". Ma quanti italiani sanno davvero cosa significa questo termine spesso pronunciato dal medico di famiglia o dallo specialista?

Sicuramente non più di un italiano su due visto che solo la metà della popolazione ammette di capire "abbastanza bene" il linguaggio medichese. Quello che accompagna le visite dal dottore, le nuove leggi in materia sanitaria, le diagnosi degli specialisti.

Lo rivela una ricerca, presentata ieri a Roma, condotta dalla Metron R&C, per il progetto "Scienza e Uomo" della Pfizer, su un campione di 1000 persone.

La finalità del lavoro è stata quella di analizzare il livello di comprensione del linguaggio della salute e di centrare le difficoltà incontrate dai cittadini con il complesso mondo della sanità. La palma dell'incomprensione? Viene assegnata al foglietto illustrativo inserito nelle confezioni dei farmaci. Il 48% degli intervistati, confessa, legge quelle poche righe e alza le mani. Spesso si spaventa, altre volte rinuncia.

Secondo accusato, in questo immaginario processo al linguaggio per addetti ai lavori, il medico specialista. Rispetto al dottore di famiglia, infatti, usa parole troppo difficili, e, soprattutto, sembra non sforzarsi di rendere la conversazione più chiara e, quindi, più tranquillizzante. Buon voto, in termini di comprensione, al medico dell'ospedale, all'infermiere, al farmacista.

Lo zoccolo duro sono le leggi (pensiamo a tutte quelle che regolano il rapporto tra Usl e cittadino) e la miriade di cambiamenti che riguardano i ticket sui farmaci. Una prova: oltre la metà degli italiani non conosce la differenza tra i prodotti di fascia A, B, C. Quelli, cioè, "passati" gratuitamente dal servizio sanitario nazionale, quelli al 50% e quelli che il paziente deve pagare totalmente.

I medici possono anche non crederci ma una buona fetta degli ammalati che bussa al loro studio ha difficoltà a capire anche quelle parole che ormai sembrerebbero entrate nel linguaggio comune. Scopriamo così che 10 su 100 non sanno cosa significhi "terapia", che 30 su 100 restano interdetti di fronte a "posologia", che 49 su 100 ignorano la parola "glicemia". E, questa "ignoranza" (nel senso del non sapere) comincia a pesare sul cittadino degli anni 2000 che, come ha sottolineato Teresa Petrangolini, segretario del Tribunale dei Diritti del Malato, «vuole avere più tempo e più attenzione da parte del medico». «Ma spesso - continua la Petrangolini - proprio il dottore considera invadente il paziente che ha voglia di sapere.»

Sulla linea difensiva nei confronti della categoria si è schierato il dottor Aldo Pagni, presidente della Federazione degli Ordini dei Medici: «Spesso una spiegazione non può bastare a diradare dubbi. E poi molti pazienti, soprattutto quelli anziani, non ascoltano troppo le nostre parole».

Dalla pubblica amministrazione arriva, intanto, una buona notizia in fatto di linguaggio. Spiega Alfredo Fioritto, il curatore del nuovo "Codice di stile": «Il testo conterrà anche un glossario su 600 termini con tanto di spiegazione. Se proprio si è costretti ad usare il termine specialistico nel codice si invita a tradurlo in italiano corrente».