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Corriere della Sera
Martedì, 28 Gennaio 1997
Terza pagina

 

PROPOSTE Gli speaker dei tg Rai sono spesso in imbarazzo con l'inglese.

Potrebbero seguire l'esempio della Bbc

 

Si dice Lady Di o Lady Dai? Chiedetelo all'ufficio pronuncia

 

di BEPPE SEVERGNINI

 

Al regista Massimo Scaglione, che propone l'istituzione di un

Commissariato Rai per i Congiuntivi, vorrei dire: lasci perdere. Una

diatriba sul periodo ipotetico - in un Paese dove tutto è sempre

ipotetico - potrebbe rivelarsi letale. Più utile - alla Rai, alle altre

televisioni e radio, a tutti noi - sarebbe l'istituzione di un piccolo

Centro di Pronuncia, che soccorra gli annunciatori, e ci risparmi

crudeltà come «pool position» (pronunciato pul - posizione della

piscina?), invece che «pole position» (pronunciato poul - posizione al

palo). Seguendo l'insana tradizione nazionale di coniare neologismi

inglesi, potremmo chiamare il nuovo organismo Pronunciation Task Force

(un'espressione che nessuno saprà mai pronunciare).

 

La sua utilità è indiscutibile. La pronuncia - soprattutto quando si

tratta di parole inglesi - è una trappola continua: regole assolute non

ce ne sono (perché «book», libro, si dice buk e «blood», sangue, si

dice blad?); l'ortografia - il modo in cui sono scritte le parole - è

solo una testimonianza di come, una volta, queste parole venivano

pronunciate.

 

Ma all'annunciatore tutto ciò non interessa: lui (o lei) ha bisogno di

sapere se «privacy» si legge prài-vasi o prì-vasi (risposta: pràivasi

in America; prìvasi a Londra; lo stesso vale per «dinasty»). Il

giornalista televisivo, giustamente, vuole sapere se Lady Di - quella

che ha problemi di «privacy» e di «dynasty» - si pronuncia Ledi Di o

Ledi Dai. E l'azienda radiotelevisiva avrebbe tutto l'interesse a

uniformare queste pronunce: la privasi delle otto non deve diventare la

praivasi di mezzanotte.

 

C'è chi ha affrontato questi problemi, e li ha risolti. Curiosamente,

si tratta degli inglesi, per cui i vocabili stranieri dovrebbero

costituire un problema meno assillante. In Gran Bretagna, dal 1926, BBC

si avvale di una Pronunciation Unit, creata da John - poi Lord - Reith

(uno che aveva le idee chiare: «Nella lingua non ci sono esperti, solo

utenti», diceva). Settant'anni dopo, la BBC Pronunciation Unit è ancora

viva e vegeta. Il suo compito è soccorrere chi si trova in difficoltà.

Poniamo che un annunciatore non sappia come pronunciare il nome di

battaglia di un oscuro guerrigliero messicano, o il cognome di un

ex-sottosegretario italiano. Telefona alla Pronunciation Unit. Quelli

s'informano, e nel giro di qualche minuto si fanno vivi: caro collega,

il messicano si pronuncia Ta-cho; l'italiano, Rocchetta - come rocket,

razzo, tant'è vero che è scomparso all'orizzonte.

 

Di passaggio a Londra, tempo fa, ho voluto conoscere i componenti della

Pronunciation Unit. Non sono ghostbusters linguistici, pronti a balzare

nei corridoi armati di vocabolari e registratori. Sono invece quattro

ragazzi, e stanno in un piccolo ufficio a Broadcasting House,

circondati da dizionari, fax, telefoni e computer. Hanno anche

pubblicato un libretto distribuito in tutta l'azienda (BBC

Pronunciation, Policy and Practice), dove dirimono le questioni

principali (pag. 4: «I viaggi organizzati rendono irrealistica

qualsiasi pronuncia diversa da Ma-yorca; la fine del dominio britannico

ci spinge a favorire la pronuncia locale Kenia sul tradizionale Kinia.

Eccetera). Costo dell'intera operazione: irrisorio. Al punto che la

Pronunciation Unit è sopravvissuta ad anni di selvaggi tagli di

bilancio.

 

E alla Rai? Alla Rai ci si affida al «DOP» (che forse - forse: non

siamo riusciti ad appurarlo - significa Dizionario di Ortografia e

Pronuncia) e alla buona (o cattiva) volontà individuale. C'è chi sa,

chi inventa e chi prova; chi ricorda, chi osa e chi dice: chi ci bada?

Lilli Gruber - che è bilingue (italiano, tedesco) e, posso

testimoniare, parla un ottimo inglese e un buon francese - ha un metodo

personale. Quando ha dubbi su una pronuncia, telefona a un collega più

informato, oppure alle ambasciate; e poi si batte per difendere le sue

conclusioni, come Sàra-jevo o Dùbrovnik (facendo arrabbiare sia i

partigiani di Ragusa che quelli di Dubròvnik).

 

Non tutti sono altrettanto scrupolosi. Dalla sagra dell'improvvisazione

esce così di tutto: alcune pronunce sono grottesche; altre così

surreali da sfiorare la genialità. Le altre televisioni e radio - forse

invidiose di tanta allegra spontaneità - si lanciano nella mischia. I

risultati? Questi: «notizie flash» pronunciate «notizie flesh» (notizie

di carne?); i campioni di basket Chicago Bulls (tori) ridotti a Chicago

Bols (le palle di Chicago?); il primo ministro britannico John Major

trasformato in maior, magior, meior e via latineggiando (si dice

me-jor). C'è poi lo Stato dello Iova (Iowa, pronuncia esatta: a-io-ua);

il pugile Tison (Tyson, pronuncia Taison), il candidato Baknan

(Buchanan, pronuncia Biu-ca-nan); l'Academy Avard («award», pronuncia

a-uord)...

 

Una piccola Unità di Pronuncia potrebbe ovviare ad alcuni di questi

inconvenienti. Ma è bene ricordare la conclusione cui giunge la BBC:

«Noi ci impegniamo a fornire tutta l'assistenza possibile. Ma tutto

dipende da chi si trova di fronte al microfono. Se uno vuol parlare

male, non c'è niente da fare».