Potrebbero seguire l'esempio della Bbc
di BEPPE SEVERGNINI
Al regista Massimo Scaglione, che propone l'istituzione di un
Commissariato Rai per i Congiuntivi, vorrei dire: lasci perdere. Una
diatriba sul periodo ipotetico - in un Paese dove tutto è sempre
ipotetico - potrebbe rivelarsi letale. Più utile - alla Rai, alle altre
televisioni e radio, a tutti noi - sarebbe l'istituzione di un piccolo
Centro di Pronuncia, che soccorra gli annunciatori, e ci risparmi
crudeltà come «pool position» (pronunciato pul - posizione della
piscina?), invece che «pole position» (pronunciato poul - posizione al
palo). Seguendo l'insana tradizione nazionale di coniare neologismi
inglesi, potremmo chiamare il nuovo organismo Pronunciation Task Force
(un'espressione che nessuno saprà mai pronunciare).
La sua utilità è indiscutibile. La pronuncia - soprattutto quando si
tratta di parole inglesi - è una trappola continua: regole assolute non
ce ne sono (perché «book», libro, si dice buk e «blood», sangue, si
dice blad?); l'ortografia - il modo in cui sono scritte le parole - è
solo una testimonianza di come, una volta, queste parole venivano
pronunciate.
Ma all'annunciatore tutto ciò non interessa: lui (o lei) ha bisogno di
sapere se «privacy» si legge prài-vasi o prì-vasi (risposta: pràivasi
in America; prìvasi a Londra; lo stesso vale per «dinasty»). Il
giornalista televisivo, giustamente, vuole sapere se Lady Di - quella
che ha problemi di «privacy» e di «dynasty» - si pronuncia Ledi Di o
Ledi Dai. E l'azienda radiotelevisiva avrebbe tutto l'interesse a
uniformare queste pronunce: la privasi delle otto non deve diventare la
praivasi di mezzanotte.
C'è chi ha affrontato questi problemi, e li ha risolti. Curiosamente,
si tratta degli inglesi, per cui i vocabili stranieri dovrebbero
costituire un problema meno assillante. In Gran Bretagna, dal 1926, BBC
si avvale di una Pronunciation Unit, creata da John - poi Lord - Reith
(uno che aveva le idee chiare: «Nella lingua non ci sono esperti, solo
utenti», diceva). Settant'anni dopo, la BBC Pronunciation Unit è ancora
viva e vegeta. Il suo compito è soccorrere chi si trova in difficoltà.
Poniamo che un annunciatore non sappia come pronunciare il nome di
battaglia di un oscuro guerrigliero messicano, o il cognome di un
ex-sottosegretario italiano. Telefona alla Pronunciation Unit. Quelli
s'informano, e nel giro di qualche minuto si fanno vivi: caro collega,
il messicano si pronuncia Ta-cho; l'italiano, Rocchetta - come rocket,
razzo, tant'è vero che è scomparso all'orizzonte.
Di passaggio a Londra, tempo fa, ho voluto conoscere i componenti della
Pronunciation Unit. Non sono ghostbusters linguistici, pronti a balzare
nei corridoi armati di vocabolari e registratori. Sono invece quattro
ragazzi, e stanno in un piccolo ufficio a Broadcasting House,
circondati da dizionari, fax, telefoni e computer. Hanno anche
pubblicato un libretto distribuito in tutta l'azienda (BBC
Pronunciation, Policy and Practice), dove dirimono le questioni
principali (pag. 4: «I viaggi organizzati rendono irrealistica
qualsiasi pronuncia diversa da Ma-yorca; la fine del dominio britannico
ci spinge a favorire la pronuncia locale Kenia sul tradizionale Kinia.
Eccetera). Costo dell'intera operazione: irrisorio. Al punto che la
Pronunciation Unit è sopravvissuta ad anni di selvaggi tagli di
bilancio.
E alla Rai? Alla Rai ci si affida al «DOP» (che forse - forse: non
siamo riusciti ad appurarlo - significa Dizionario di Ortografia e
Pronuncia) e alla buona (o cattiva) volontà individuale. C'è chi sa,
chi inventa e chi prova; chi ricorda, chi osa e chi dice: chi ci bada?
Lilli Gruber - che è bilingue (italiano, tedesco) e, posso
testimoniare, parla un ottimo inglese e un buon francese - ha un metodo
personale. Quando ha dubbi su una pronuncia, telefona a un collega più
informato, oppure alle ambasciate; e poi si batte per difendere le sue
conclusioni, come Sàra-jevo o Dùbrovnik (facendo arrabbiare sia i
partigiani di Ragusa che quelli di Dubròvnik).
Non tutti sono altrettanto scrupolosi. Dalla sagra dell'improvvisazione
esce così di tutto: alcune pronunce sono grottesche; altre così
surreali da sfiorare la genialità. Le altre televisioni e radio - forse
invidiose di tanta allegra spontaneità - si lanciano nella mischia. I
risultati? Questi: «notizie flash» pronunciate «notizie flesh» (notizie
di carne?); i campioni di basket Chicago Bulls (tori) ridotti a Chicago
Bols (le palle di Chicago?); il primo ministro britannico John Major
trasformato in maior, magior, meior e via latineggiando (si dice
me-jor). C'è poi lo Stato dello Iova (Iowa, pronuncia esatta: a-io-ua);
il pugile Tison (Tyson, pronuncia Taison), il candidato Baknan
(Buchanan, pronuncia Biu-ca-nan); l'Academy Avard («award», pronuncia
a-uord)...
Una piccola Unità di Pronuncia potrebbe ovviare ad alcuni di questi
inconvenienti. Ma è bene ricordare la conclusione cui giunge la BBC:
«Noi ci impegniamo a fornire tutta l'assistenza possibile. Ma tutto
dipende da chi si trova di fronte al microfono. Se uno vuol parlare
male, non c'è niente da fare».