INCONTRO
TRA DUE CULTURE
Riccardo Campa è professore ordinario di Storia del pensiero politico italiano presso l’Università per Stranieri di Siena. Dal 1987 al 1991 è stato direttore dell’Istituto Italiano di Cultura di Buenos Aires. Attualmente è vice presidente della Commissione nazionale per la promozione della cultura italiana all’estero del Ministero degli Affari Esteri.
Le relazioni culturali fra l’Italia e l’Argentina si evincono dalla vicenda storica con la quale gli assetti politici e istituzionali dei due paesi si determinano a partire soprattutto dalla metà del XIX secolo, quando il flusso emigratorio transoceanico italiano assume una rilevanza tale da costituirsi in una parte considerevole della storia nazionale scritta in un paese ospitale e nobilitato da una filosofia dell’accoglimento e della tolleranza multietnica, multilinguistica e pluriideologica.
L’Argentina riceve, nell’arco di un secolo, circa tre milioni d’italiani (venti per cento in più del flusso emigratorio spagnolo): circa due terzi dei quali arrivano prima della prima guerra mondiale, 670.000 nel periodo fra le due guerre, e 500.000 nel primo decennio dopo il secondo conflitto mondiale.
All’inizio del XIX secolo, fra la fine dell’epoca del viceregno e l’inizio dell’indipendenza, gli italiani residenti in Argentina raggiungono il 20% della popolazione straniera e danno un contributo di particolare rilievo alla rivoluzione del maggio 1810 e alla costituzione della prima Repubblica. Alberti e Belgrano - quest’ultimo il creatore della bandiera argentina - rappresentano gli antesignani di un gruppo di personalità politiche - ispirate all’ideologia mazziniana - che successivamente prendono parte alle fasi determinanti del Risorgimento italiano.
La crescita demografica dell’Argen-tina supera nel 1985 i 30 milioni di persone, delle quali dai 12 ai 15 milioni si considerano di origine italiano. E mentre nel 1914 il 96% degli italiani risiede nelle zone urbane - soprattutto Buenos Aires - nel 1980 soltanto il 18,4% vive nella capitale argentina, contro il 48,8% nell’area del Gran Buenos Aires, e il 13,4% nelle province di Santa Fe, Córdoba e Mendoza.
Fino alla fine del XIX secolo, tra le comunità regionali italiane, la componente settentrionale prevale su quella centro-meridionale; mentre all’inizio di questo secolo la tendenza si inverte in favore di quella meridionale. La colonizzazione agricola dell’Argentina, a partire dal 1870 è realizzata prevalentemente da piemontesi e da lombardi. Molti italiani, tuttavia, s’impegnano in un lavoro stagionale in Italia e in Argentina nei periodi dei raccolti guadagnandosi l’appellativo di “golondrinas”, di rondini.
Nel 1909, gli italiani di Buenos Aires sono proprietari del 56% delle officine meccaniche e matallurgiche, del 57% dei posti di vendita alimentari e del 78,8% delle imprese di costruzione. Solo il 21% è proprietario di aziende agricole, che per dimensione e importanza non sono concorrenziali con le estancias destinate all’allevamento del bestiame, una delle voci più significative del prodotto nazionale lordo. Nel 1980, un terzo della comunità italiana attiva è concentrata nell’industria, il 23% è dedita al settore commerciale, il 13% è impegnata nei servizi, l’11% è occupata nelle costruzioni e soltanto il 3,9% nell’agricoltura. La distribuzione per settori di attività registra il 39% di operai, il 20% di commercianti, il 10% di impiegati e il 7,7% di liberi professionisti.
Il periodo fra il 1870 e il 1920 è contraddistinto da un eccezionale sviluppo economico dell’Argentina, dovuto all’importazione di capitali e all’espansione dell’agricoltura.
Luigi Einaudi scrive che, all’inizio di questo secolo, su 164 imprese industriali operanti nella capitale argentina, 127 sono di proprietà degli italiani, che su 395 operanti a Rosario, 275 sono di proprietà degli italiani e che i 3/5 dell’industria del ferro sono in mano degli italiani. Mentre gli italiani investono le loro risorse intellettive e finanziarie nel settore produttivo , gli altri gruppi etnici (inglesi, tedeschi, statunitensi) operano nel settore degli investimenti finanziari. La capacità di risparmiare e l’abilità operativa sono le caratteristiche distintive delle imprese familiari italiane, alle quali si affiancano, soprattutto a partire dalla fine del secondo conflitto mondiale, gli industriali dei settori consolidati, quali la metallurgia, l’industria tessile, l’edilizia e la cantieristica.
Per effetto dei risparmi realizzati dagli emigranti, si fondano in Argentina i primi istituti di deposito e credito con capitali italiani: il Banco de Italia y Rio de la Plata nel 1872; il Nuevo Banco Italiano nel 1887 e il Banco Popular Italiano nel 1898, poi assorbito nel 1926 dal Banco de Italia y Rio de la Plata.
All’inizio di questo secolo le industrie italiane aprono in Argentina le loro reti di distribuzione contribuendo alla modernizzazione del paese e al rinnovamento del costume nazionale: la Pirelli nel 1917; la Cinzano nel 1922; la Fiat nel 1923; l’Olivetti nel 1923.
I personaggi che partecipano all’Unione Industriale Argentina (fondata nel 1887) sono: Alfredo Demarchi, Ermenegildo Pini, Luis Colombo, quest’ultimo proprietario della rinomata azienda vinicola Tomba di Mendoza.
Le società di mutuo soccorso a base regionale, che alla fine del secolo scorso consentono l’avviamento di molte unità produttive, all’inizio di questo secolo si convertono in organismi presindacali e propulsivi di una più diffusa opera di alfabetizzazione e acculturazione. Le prime scuole nazionali, istituite nel 1866 per iniziativa della società Unione e Benevolenza e della Società Nazionale Italiana, si propongono l’emancipazione delle nuove generazioni di italiani, destinate ad inserirsi nei settori decisionali e produttivi del paese di elezione. Nel 1876, l’Unione Operai Italiani istituisce la prima scuola femminile e, nel 1884, l’asilo della società femminile Margherita di Savoia. Queste scuole rispondono all’esigenza di istruzione prima che la legge argentina del 1884 ne regolamenti l’obbligatorietà. Alle scuole istituite dalle società di mutuo soccorso (54 all’inizio del secolo, di cui 23 a Buenos Aires, con un totale di 5.200 alunni) si affiancano, alcuni decenni dopo, le scuole rette dai salesiani con l’intento di assicurare la formazione professionale.
Se Domingo Faustino Sarmiento rivendica l’unità della lingua spagnola pur ritenendo conveniente rispettare le tradizioni culturali dei vari gruppi etnici insediatisi nel paese, dal 1898 la Dante Alighieri con inedito criterio di volontariato e sulla base di considerazioni enunciate da Giosuè Carducci, opera per la difesa e la diffusione della lingua e della cultura italiane. Alla difesa della tradizione culturale italiana, anche nelle sue epressioni regionali, fanno riscontro i giornali e i periodici che vengono fondati nei primi decenni di questo secolo quali palestre del dibattito politico e di quei gruppi più sensibili al valore del lavoro, al rispetto dei diritti di ogni cittadino impegnato in un’impresa di profondo rinnovamento morale e sociale. Il teatro, la letteratura popolare, il sainete (un genere di farsa) riflettono le ambiguità linguistiche del lunfardo e del cocoliche e propongono uno stereotipo dell’emigrante come fattore evocativo di un’epoca in via di superamento. Anche nella musica popolare, nel tango, la presenza italiana è determinante.
Per iniziativa di Rivadavia, primo ambasciatore argentino in Europa e poi presidente della Repubblica Argentina, la cultura italiana si inserisce nei programmi di studio dell’Università di Buenos Aires, presso la quale sono inviati il naturalista Pietro Carta Molino, che fonda il Museo de Ciencias Naturales, il matematico Ottavio Massotti, il giornalista Pietro de Angelis, il fisiologo Paolo Mantegazza, il farmacologo Carlo Imperiale.
Nella seconda metà del secolo scorso arrivano in Argentina gli ingegneri Bernardino Speluzzi (promotore nel 1872 della Sociedad Científica Argentina), Emilio Rossetti, Pellegrino Stroebel, Giovanni Ramorino (autore di un diffuso manuale di mineralogia), il naturalista Carlo Luigi Spegazzini, gli agronomi Domenico Bortolazzi e Domenico Parodi, il pedagogista di ispirazione positivista-evoluzionista Pietro Scalabrini, il geologo padre Clemente Onelli, esploratore della Patagonia, lo storico dell’arte sacra coloniale Giacomo Pozzi. L’ingegnere Pompeo Moneta, che opera presso l’Observatorio Astronómico de Córdoba, partecipa alla ideazione della rete ferroviaria argentina. L’ingegnere romano Cesare Cipolletti realizza nel 1898 il piano di irrigazione della provincia di Río Negro. Fra il 1893 e il 1898 arrivano in Argentina l’igienista Silvio Dessy, il filosofo Valentino Grandis, il giurista Antonio Tarnassi e l’anatomico Alessandro Tedeschi.
Fra la fine del secolo scorso e i primi decenni di questo secolo, approdano in Argentina, fra gli altri, il criminologo Pietro Gori, l’astronomo Francesco Porro de Somenzi, il fisico Galdino Negri, il matematico Ugo Broggi, il critico letterario Francesco Cappello, lo storico delle religioni Clemente Ricci e lo psichiatra Lanfranco Ciampi.
Alle esplorazioni scientifiche si dedicano, nei primi decenni del XX secolo, i salesiani Giuseppe Fagnano e Alberto Maria de Agostini; quest’ultimo è l’autore di un’opera di ricerca nella Terra del Fuoco durata trent’anni.
Le leggi razziali del 1938, promulgate dal governo italiano, inducono molti intellettuali italiani a cercare ospitalità in Argentina che, perpetuando una nobile tradizione, li accoglie con ogni riguardo e consente loro di volgere un’opera di promozione culturale di notevole rilevanza. Alcuni di essi sono destinati a raggiungere un credito internazionale e ad assicurare all’interazione intellettuale italo-argentina una posizione di primaria importanza negli studi scientifici e umanistici. Arrivano in Argentina i matematici Beppo Levi e Alessandro Terracini, il linguista Benvenuto Terracini, lo storico della scienza Aldo Mieli, i medici Renato Segre e Amedeo Herlitzka, il fisico Andrea Levialdi, i giuristi Renato Treves, Gino Arias e Camillo Viterbo, il filosofo Rodolfo Mondolfo e il sociologo Gino Germani.
Mondolfo, lo studioso della Paideia greca, crea una scuola ancor attiva di filosofia, che anticipa fra l’altro la revisione critica del marxismo e assicura alle Università argentine una rete di comunicazione e di confronto con le personalità più influenti della cultura mondiale del primo cinquantennio di questo secolo.
Nell’immediato dopoguerra, tecnici italiani di alto livello si trasferiscono in Argentina nell’intento di creare imprese economiche di portata internazionale. Il primo grande apparato industriale è la Techint dell’ingegnere Agostino Rocca. Si rinnovano o si potenziano le presenze della Fiat, della Dalmine, della Olivetti, della Pirelli, della Cinzano; e si inseriscono le rapprensentanze dell’Eni, dell’Impresit, della Sade, della Panedile, della Marelli, dell’Ansaldo, dell’Impregilo, dell’Italimpianti, dell’Italtel, della Snia, della Lepetit, della Galileo, della Carlo Erba, della Martini, Gancia e Branca.
Il secondo conflitto mondiale costituisce una linea di demarcazione fra l’emigrazione italiana del periodo precedente e l’emigrazione “controllata e assistita” dal Comitato Intergovernativo per le Migrazioni Europee, costituitosi nel 1952 con l’intento di assicurare ai nuovi flussi di persone che dall’Europa si spostano verso il continente americano un posto di lavoro in conformità con le aspettative dei singoli paesi ospitanti.
La recessione economica argentina e il processo d’integrazione economica dell’Italia nel sistema europeo nella decade dal settanta all’ottanta di questo secolo inducono i due paesi a sottoscrivere, nel 1987, un accordo di “associazione particolare” in grado di agevolare gli investimenti di capitali italiani nell’Argentina e il potenziamento del modello produttivo della piccola e media impresa.
L’influenza del patrimonio culturale italiano nel concerto della società argentina si esplica nell’inventiva di personalità come Raúl Castagnino, presidente dell’Academia de Letras, dell’architetto Clorindo Testa, il progettista della nuova biblioteca di Buenos Aires, Alberto Castiglioni, l’ideatore della Fiera internazionale del libro di Buenos Aires.
A parte i riferimenti impliciti all’Italia nelle opere letterarie di alcuni autori - Lucca è presente nella Rayuela di Julio Cortázar e Ravenna nella ombratile immaginazione dantesca di Jeorge Luis Borges - il romanzo civile degli argentini, Sobre éroes y tumbas di Ernesto Sabato - peraltro di origine calabrese - è una evocazione in chiave elegiaca dell’educazione sentimentale di un italiano. Il protagonista dell’opera di Sabato, infatti è un giovane figlio di immigranti italiani che ripercorre in chiave epigrammatica la storia argentina.
Riccardo Campa