L’IMPEGNO PER
LA DIFFUSIONE
DELL’ITALIANO NEL MONDO
Il giorno 8 febbraio 1997 si è tenuta una cerimonia in onore di Mauro Barni, Rettore uscente dell’Università per Stranieri, durante la quale gli è stata consegnata da parte del Ministero della Pubblica Istruzione una targa di riconoscimento per l’opera di diffusione della lingua e cultura italiana nel mondo. Riportiamo qui alcune parti del discorso pronunciato dal Rettore Pietro Trifone.
Caro Mauro, [...] le qualità che apprezziamo in te - la tua curiosità intellettuale, che ti ha spinto ad abbracciare una disciplina di confine come la medicina legale, e che al tempo stesso ha fatto di te un sensibile cultore della lingua, della letteratura e delle arti; la tua attrazione per le imprese difficili, per le grandi sfide, e insieme la tua straordinaria capacità di lavorare e far lavorare, che ti hanno permesso di ottenere risultati di non comune rilievo ai più alti livelli dell’accademia e della politica - queste qualità, che suscitano indubbiamente la nostra ammirazione, non bastano a spiegare la generale simpatia di cui sei oggetto, legata anche, e forse più, alla carica di umanità e all’entusiasmo vitale che riesci a trasmettere.
E’ probabile che la sintesi più compiuta di tutti questi diversi talenti sia costituita proprio dall’Università per Stranieri di Siena: discende anche da qui il particolare legame esistente tra la nostra Istituzione e te, che ne sei il padre fondatore. Vorrei ricordare ciò che dicesti il 21 giugno dell’anno scorso al Ministro dell’Università: “Io sono veramente orgoglioso di consegnare al MURST, nella persona di Luigi Berlinguer, un risultato straordinario, che merita di divenire il momento fondante di un progetto politico, per decenni ignorato e negletto, e comunque fino a ieri estraneo alla dinamica programmatica dell’università italiana: la promozione nel mondo della nostra lingua e della nostra cultura che, per usare un termine giuridico, sono beni patrimoniali, sono capitali da investire anche a fini economici e sociali”.
[...] La graditissima presenza tra noi del Rettore dell’Università per Stranieri di Perugia, Professoressa Paola Bianchi De Vecchi, mi sollecita a ribadire il carattere affatto peculiare della nostre Istituzioni, che esigono un personale amministrativo e tecnico altamente specializzato, in grado di affrontare e risolvere i problemi di vario ordine connessi all’utenza internazionale cui esse si indirizzano: marketing, programmazione, servizi informatici, ecc. Occorre poi sconfiggere il pregiudizio secondo cui insegnare la lingua sia più facile che insegnare la storia o la letteratura o qualsiasi altra disciplina: molti, purtroppo, continuano a ritenere che per insegnare una lingua sia sufficiente essere un parlante nativo e avere un generico titolo di studio. Proprio da tale pregiudizio, o anche da esso, deriva fra l’altro la scarsa conoscenza delle lingue straniere, un fenomeno pernicioso che affligge particolarmente il nostro paese. La didattica dell’italiano come lingua straniera è un’attività complessa, che richiede competenze ed esperienze specifiche, e quindi anche una specifica figura professionale. Su questo punto si gioca il senso e il futuro della nostra Istituzione: è infatti chiaro che l’Università per Stranieri non ha senso e futuro se non come centro di formazione dei docenti di italiano a stranieri e come centro di specializzazione di formatori e aggiornatori dei docenti di italiano a stranieri. Ed è altrettanto chiaro che questi docenti, formatori e aggiornatori dovranno essere anche, e direi anzi prioritariamente, italiani: la norma che prevede l’esclusione degli italiani dal Diploma universitario per insegnanti di italiano a stranieri è insensata e discriminatoria, ci impedisce di lavorare con la necessaria incisività, e dunque deve essere completamente soppressa. Si può chiedere a un professore universitario, che ha speso le proprie energie intellettuali e ha vinto uno o più concorsi per fare cose diverse da quelle che si fanno qui, di riconvertirsi tenendo conto della natura particolare della nostra Istituzione; ma sarebbe assurdo chiedergli anche di rinunciare a fare lezioni, tenere esami, seguire ricerche, gettare semi sul terreno più adatto e più fertile di cui potenzialmente dispone.
La diffusione dell’italiano nel mondo è ancora legata alla sua immagine di lingua di una grande cultura, cui si vanno affiancando in misura sempre maggiore interessi di carattere economico. Anche la riscoperta della lingua italiana da parte dei discendenti dei nostri emigrati è ormai legata soprattutto a motivazioni di carattere culturale ed economico. Si tratta di una situazione parzialmente nuova, che richiede soluzioni adeguate; ma non sempre gli organismi istituzionali e politici preposti alla diffusione della lingua e della cultura italiana nel mondo ne tengono conto come sarebbe necessario.
Pietro Trifone
Rettore dell’Università
per Stranieri di Siena