LETTERA APERTA

AL MINISTRO

LUIGI

BERLINGUER

 

 

Maria Antonietta Grignani è Preside della Facoltà di Lingua e Cultura Italiana dell’Università per Stranieri di Siena.

 

Il titolo di un libro di Cesare Segre sulla crisi della critica e degli studi letterari si adatta bene all’attuale situazione dell’Università italiana in genere e, in particolare, dell’Università per Stranieri.

L’Università Italiana non sta bene: su una tradizione di livello scientifico alto e di utenza abbastanza scarsa si è innestata una crescita impressionante degli iscritti, guastata però da tassi rilevanti di abbandoni in itinere, dal crescere disordinato di sedi minori e minime spesso improvvisate e prive di attrezzature, che convivono con mega Atenei, magari attrezzati, ma al presente ingestibili. Alcune Facoltà si sono date un assetto aggiornato: scambi internazionali, semestri, corsi integrati,  tutoraggio, verifiche periodiche dell’apprendimento. Altre, per deriva da un passato diverso, conservano un carico di esami oneroso, tesi di laurea che rincorrono irrealisticamente l’eccellenza e l’impegno delle tesi di dottorato, docenti indaffarati ovunque tranne che nella sede universitaria, valutazioni aleatorie per immaturità degli esaminatori (cultori della materia,  giovani ricercatori) a fronte di appelli d’esame sovraffollati.

C’è poi per tutte le Facoltà il problema della scarsa dimestichezza degli studenti rispetto al maneggio scritto della lingua in tutte le forme che richiedano una progettazione. A questo per ora quasi nessuno provvede.

Il progetto di riforma, imminente, è nel giusto quando richiama i docenti al dovere di non sopravvalutare la tesi di laurea; quando invita a una maggior concertazione interdisciplinare; quando punta sul sistema dei crediti per promuovere la mobilità studentesca tra atenei italiani e un sistema di scambi con l’estero più snello; quando promette nuovo impulso ai dottorati di ricerca.  A mio parere c’è tuttavia da temere la genericità del cosiddetto C.U.B. (certificato universitario di base); c’è motivo di preoccuparsi per l’abbandono in cui l’autonomia finanziaria potrebbe lasciare le Facoltà umanistiche (quali enti privati le sponsorizzeranno volentieri?); c’è infine il pericolo che i futuri concorsi decentrati comprimano la mobilità dei docenti e quindi lo scambio di esperienze, necessario soprattutto per i docenti più giovani.

Ma non voglio addentrami nel groviglio di perplessità suscitate da una “rivoluzione” che ha qualche sfumatura di “involuzione” nel senso del localismo e della qualità degli studi. Vengo all’Università per Stranieri di Siena, la cui situazione al momento è la seguente:

1) presenza esclusiva di alcuni Diplomi di Laurea triennali, che taglia fuori i diplomati dai concorsi pubblici e fatalmente deprime le iscrizioni. Questo è ingiusto, perché il livello di preparazione specifica potrebbe in sostanza abilitare all’insegnamento nelle scuole pubbliche ai figli di non-italiani bisognosi di imparare bene e senza traumi la lingua del Paese che li accoglie; potrebbe garantire l’impiego dei nostri diplomati in qualità di lettori di italiano all’estero o di collaboratori negli Istituti di Cultura. In assenza di sbocchi giuridicamente riconosciuti accade che anche gli Istituti privati, dediti all’insegnamento dell’italiano a stranieri, provvedano del tutto casualmente all’ingaggio degli insegnanti.

2) La mancanza di un corso di laurea quadriennale produce anche un altro paradosso: gli studenti stranieri con borse di scambio Socrates e affini frequentano con profitto i corsi di lingua tenuti presso il Centro Linguistico della Stranieri, ma sono costretti a seguire i corsi universitari di materie linguistiche, letterarie e storiche presso altre Facoltà dotate di lauree quadriennali. Si crea dunque una situazione schizofrenica, in quanto l’Università per Stranieri è ben attrezzata, non solo di docenti di lingua del Centro sopracitato, ma anche di professori universitari che in altre sedi hanno seguito decine di studenti stranieri nella varia articolazione disciplinare delle aree linguistica, letteraria, artistica, storico-filosofica.

3) Esistono, per converso, ben due corsi di dottorato, uno di orientamento linguistico teorico e didattico e uno di tipo letterario-intertestuale. Gli studenti dei Diplomi, che si sobbarcano rispettivamente 21 e 24 materie in tre anni, una volta diplomati sono costretti a conseguire altrove la laurea, in attesa di un’eventuale ammissione a uno dei dottorati della Facoltà di Lingua e Cultura italiana della Stranieri.

4) Prassi collaudata della nostra Università è non solo di organizzare corsi di perfezionamento qualificati per docenti attivi nel nostro Paese, ma anche di tenere corsi di aggiornamento molto seguiti da lettori e insegnanti di italiano all’estero. Con i propri docenti di lingua e di materie linguistiche, filologiche e culturali, la Stranieri è invitata in vari paesi (Stati Uniti, Argentina, Canada, ecc. ecc.) per corsi di formazione e aggiornamento concordati con i vari Ministeri.

Ci si domanda: perché il Ministro Luigi Berlinguer, insieme agli esperti che hanno lavorato al progetto di riforma universitario, da una parte sente l’urgenza di aprire gli Atenei italiani all’Europa e al mondo, mentre non provvede a creare sbocchi istituzionali per gli allievi delle due Università per Stranieri, Siena e Perugia, già naturaliter inclini nonché preparati a una tale apertura? Il Ministro dovrebbe rendersi conto che non è bene deprimere le istituzioni proiettate per loro assetto intrinseco verso lo scambio linguistico e culturale. Questo in Italia non può che incoraggiare implicitamente iniziative parcellizzate e dilettantesche da parte di qualsivoglia altra sede universitaria. Insomma è come se il Ministero della Sanità disincentivasse un centro di cardiochirurgia, delegando gli interventi al cuore ad ospedali specializzati in ortopedia.

Ci si augura che l’imminente ‘riordino’ delle due Università per Stranieri (ma non sarebbe meglio denominarle Università Internazionali?) proceda con lungimiranza e fiducia: occorre istituire un corso di laurea specifico della durata di quattro anni, una scuola di specializzazione coerente nell’assetto e nei fini, in modo che tra i vari livelli di apprendimento e di docenza non esistano troppi salti dannosi.

 

Maria Antonietta Grignani