CILS-EC

Certificazione di

Italiano come

Lingua Straniera - Economia

 

 

Valutazione della competenza

in italiano come lingua straniera in

ambito tecnico-specialistico (economia, finanza, commercio, produzione)

 

 

1. Le certificazioni di italiano come L2: lo stato attuale

 

A partire dal 1993, anno di inizio della diffusione delle certificazioni ufficiali di competenza dell’italiano come L2, gli strumenti prodotti dalle Università per Stranieri di Siena, di Perugia e da quella di RomaTre si sono affermati in modo progressivamente più esteso registrando un incremento esponenziale di candidati nelle varie sessioni di esame. La CILS - Certificazione di Italiano come Lingua Straniera dell’Università per Stranieri di Siena si colloca al centro di tale andamento di iscrizioni e di successo, segnalandosi per la pertinenza delle scelte teoriche, metodologiche, operative fatte nella fase di progettazione iniziale dello strumento certificatorio e nella successiva taratura: la messa a punto di uno strumento sempre più adeguato è avvenuta tenendo sotto osservazione la costante evoluzione del suo pubblico.

Il successo della CILS è segnalato da indicatori innanzitutto quantitativi quali l’incremento degli iscritti e delle sedi di esame (circa cinquemila iscritti in più di sessanta sedi in Italia e nel mondo). Questo dato conferma che le scelte di progettazione della CILS sono in sintonia con quelle fatte dalle altre grandi agenzie di certificazione e, dall’altro, esalta le specificità proprie del prodotto senese. In questa prospettiva il successo della CILS è legato alla scelta di colmare il ritardo di decenni che ha caratterizzato l’italiano L2 rispondendo innanzitutto alle esigenze di certificazione della competenza linguistica e comunicativa generale. Tale risposta consente di avvicinare alla CILS e agli altri strumenti di certificazione il nucleo centrale del pubblico potenziale, quello interessato ad avere uno strumento di pronta spendibilità sociale in grado di sanare situazioni ormai strutturatesi da molto tempo (si pensi ai molti insegnanti stranieri privi di un qualsiasi titolo legato a strutture formative italiane) o comunque il pubblico che, avvicinandosi per la prima volta a uno strumento del tutto nuovo, ne vuole saggiare la funzionalità generale. A nostro avviso, è nelle caratteristiche di certificazione della competenza globale che si colloca la ragione principale del successo della CILS nella prima fase della sua diffusione. Avere risposto al ritardo accumulato in decenni dalla nostra lingua diffusa fra gli stranieri ha consentito di avere pubblici crescenti in questi primi anni di esperienze certificatorie, caratterizzate da strumenti dotati di multifunzionalità.

La tendenza che ha costantemente caratterizzato la CILS è stata la ricerca di risposte adeguate alle effettive esigenze dei pubblici stranieri della nostra lingua. Se si esamina la struttura di tali pubblici, la loro composizione culturale e sociale, le loro motivazioni all’apprendimento, le loro esigenze di spendibilità sociale degli apprendimenti, si evidenzia una realtà altamente variata, differenziata, continuamente in evoluzione. A fronte di questa situazione, la risposta che possono dare certificazioni della competenza generale ha possibilità di successo a un costo che diventerà progressivamente più alto: non rispondere alle esigenze specifiche e, di conseguenza, perdere fasce di pubblico, che da pubblico potenziale diventerà non-pubblico proprio a causa delle caratteristiche troppo generiche degli strumenti e non per propria volontà. In questi anni iniziali di diffusione non è stato semplice contemperare le due esigenze di rispondere alle esigenze generali della massa più grande del pubblico e a quelle specifiche di suoi segmenti interni. La CILS ha cercato di risolvere la questione esaltando le caratteristiche intrinseche della sua origine universitaria, che spingono a definire le situazioni innanzitutto in termini di possibili oggetti di indagine ai quali applicare i paradigmi propri della ricerca scientifica, in modo scevro da atteggiamenti puramente strumentali o utilitaristici.

 

 

2. Esigenze di certificazione generale e caratteristiche specifiche dei pubblici

 

Tutta una serie di questioni legate ai pubblici potenziali e alle situazioni di diffusione della CILS è stata risolta con successo proprio mettendo in atto tale atteggiamento, che si è concretizzato nella valutazione di volta in volta della scelta della soluzione migliore: applicazione della CILS nella sua versione standard, o suo adattamento, o creazione di un nuovo strumento. Il caso della diffusione della CILS fra gli immigrati stranieri in Italia è esemplare di tale procedere. Da Torino e Reggio Emilia sono giunte richieste da parte delle scuole statali, le quali hanno colto nella CILS lo strumento in grado di dare la più efficace risposta alle motivazioni messe in luce dagli immigrati nell’accostarsi ai corsi di scuola di base per adulti. Insieme alla richiesta di esami CILS, però, sono state proposte tutte le esigenze legate alle particolarità socioculturali del pubblico degli immigrati stranieri e a quelle sociolinguistiche delle modalità proprie di apprendimento dell’italiano. Il Centro CILS ha risposto sia prendendo in considerazione la possibilità di creare un nuovo, apposito strumento certificatorio per immigrati stranieri, sia quella di adattare lo strumento esistente. La scelta della soluzione più adeguata è scaturita da una iniziativa di ricerca, messa in atto in collaborazione con le strutture dell’IRRSAE Piemonte e del Comune di Torino, dalla quale è emerso che tra l’uso della CILS nella sua attuale forma e quella di uno strumento specifico per gli immigrati stranieri è preferibile la prima soluzione in quanto riduce il rischio di marcatezza socioculturale della seconda: la CILS nella sua attuale forma risponde comunque a esigenze generali diffuse anche fra gli immigrati; una certificazione specifica e particolare rischierebbe di essere connotata di tratti sociali non di prestigio selezionando non caratteristiche delle competenze, ma un tipo di pubblico già connotato socialmente in modo marginale. Il successo della linea adottata dalla CILS è segnalato dalla crescente affluenza degli immigrati stranieri agli esami svoltisi a Torino e a Reggio Emilia, e dall’aumentare delle sedi con pubblici costituiti da immigrati (Verona, Piacenza, Ravenna).

La procedura seguita nell’esperienza torinese è esemplare: emerge sempre di più l’esigenza di rispondere con gli strumenti certificatori alle specifiche esigenze di un segmento di pubblico dell’italiano L2; il Centro CILS mette in atto una procedura di analisi scientifica per acquisire dati utili alla soluzione del problema; in base a tali dati viene elaborata la risposta certificatoria. Se tale approccio è valido sul piano procedurale, anche i contenuti specifici spingono a proiettare più generalmente le conclusioni che ne sono state tratte.

Riteniamo di poter affermare con una relativa sicurezza che la fase iniziale di diffusione delle certificazioni si sia esaurita nei suoi termini di proposta di uno strumento polifunzionale, di uno strumento, cioè, i cui tratti generali possano attrarre quanto più pubblico possibile genericamente interessato a vedere riconosciuta la propria competenza in italiano. Non che tale esigenza sia venuta meno: al contrario, anzi, rimarrà sempre la caratteristica della fascia centrale e più ampia del pubblico dell’italiano L2. Proprio la diffusione della certificazione ha attivato, però, nel sistema mondiale dell’italiano L2 un movimento di riflessione analitica sulle esigenze di spendibilità sociale delle competenze che porta alla manifestazione di richieste sempre più precise e specifiche. Tali richieste riguardano sia segmenti di pubblico determinati socioculturalmente quanto a caratteristiche e a motivazioni verso lo studio dell’italiano e verso la certificazione, sia aree specifiche della competenza linguistica e della sua spendibilità. Il mercato dell’italiano come L2 si viene a configurare allora in modo sempre più nettamente articolato in settori ognuno dei quali ha esigenze precise di formazione e di certificazione. Per quanto riguarda la formazione, le agenzie ad essa deputate già si muovono in tale direzione offrendo sempre di più corsi di italiano di tipo specifico per pubblico o specialistico per ambiti di uso: si pensi, ad esempio, alle attività delle Camere di Commercio o ai Dipartimenti nelle Facoltà di Economia.

Per quanto riguarda la certificazione, finora non esiste alcuna risposta a tale crescente richiesta di analitiche e specifiche risposte a richieste analitiche e specifiche. Se non si vorrà creare una risposta distorta alle attese del sistema mondiale dell’italiano L2, occorrerà risolvere presto la questione, pena la perdita di fasce sempre più vaste di pubblico e il fallimento (almeno parziale) del ruolo delle certificazioni. Altre lingue con maggiore esperienza in questo settore si sono già mosse in tale direzione, proponendo sia strumenti di accertamento generale della competenza, sia strumenti in grado di rispondere a esigenze specifiche.

La CILS, fondandosi sui suoi modelli teorici di riferimento e sulla sua esperienza, può fornire una risposta al problema inserendo nel sistema delle certificazioni e dell’italiano L2 un elemento capace di farlo evolvere e di farlo entrare in sintonia con le politiche linguistiche messe in atto per le altre lingue a grande diffusione. Sulla base delle analisi finora condotte e delle richieste che in modo sempre più pressante sono rivolte al Centro CILS, riteniamo che il settore che manifesta più forte l’esigenza di uno specifico strumento certificatorio sia quello della economia, della finanza, del commercio e della produzione.

 

 

3. Progetto di ricerca CILS-EC:

Certificazione di Italiano come

Lingua Straniera - Economia

 

3.1 Dal problema alla soluzione: necessità di una ricerca

 

Raccogliere richieste, porre attenzione alla evoluzione del sistema mondiale dell’italiano L2, individuare nuovi segmenti di pubblico o far emergere di nuovi sono attività che non implicano direttamente la necessità di elaborare un nuovo strumento certificatorio: il passaggio a questa fase implica la messa in atto di quei paradigmi conoscitivi che, trasformando la materia empirica in oggetto strutturato, rendono possibile la definizione di strategie di intervento su basi esplicite di sapere.

Finora non si hanno dati formalizzabili su molti aspetti della richiesta di formazione e di certificazione nel settore economico-commerciale-finanziario-produttivo: si hanno richieste provenienti da più parti del mondo o da più agenzie di formazione o dai soggetti che operano in tale settore. Ciò spinge a definire però la necessità di una indagine che si appoggi sui seguenti elementi.

 

•La diffusione della lingua italiana non è legata solo alla tradizione culturale alta, ma anche alla capacità contemporanea del sistema produttivo italiano di essere presente nel mondo.

 

•In molte realtà la carente capacità italiana di gestione delle lingue straniere da un lato e la volontà degli interlocutori di non voler scegliere l’inglese come lingua di comunicazione spinge a trovare nell’italiano la lingua d’uso negli scambi centrati su tematiche economiche.

 

•Una rete di agenzie formative opera già centrando la propria offerta di italiano L2 sul settore economico-produttivo: senza menzionare i corsi realizzati dalla stessa Università per Stranieri di Siena, ricordiamo all’estero Università quali quelle di Vienna o di Monterrey (Messico) o di Tunisi, e in Italia l’Università Bocconi di Milano; Camere di Commercio italiane quali quelle di Atene e di Bruxelles; scuole private in Italia e nel mondo.

 

•A fronte di tale segmento di formazione, esteso in modo non omogeneo, ma di consistenza tale comunque da costituire il secondo dopo quello della formazione generale in italiano L2, non esistono ancora strumenti di certificazione che assumano come tratti pertinenti le aree produttive dove più forte è la presenza italiana all’estero e dove maggiori le attese degli stranieri interessati.

 

•La richiesta di italiano del settore economico-commerciale-finanziario-produttivo riguarda sia il mondo del lavoro che quello dello studio, in relazione agli studenti stranieri che si iscrivono alle Facoltà di Economia in Italia.

 

•I settori economici variano fortemente nelle diverse realtà: può essere il settore della pelletteria in Messico, quello finanziario a Bruxelles, quello turistico e manufatturiero a Tunisi e ad Atene ecc. Appare necessario definire con precisione gli ambiti produttivi ai quali orientare la certificazione, pena l’insuccesso della sua diffusione.

3.2 Certificazione specifica o modulo certificatorio specifico integrato con la certificazione generale

 

L’offerta di formazione linguistica specifica nel settore economico risponde a una richiesta; l’esistenza di uno strumento certificatorio può costituire un elemento di ulteriore diffusione della richiesta e della formazione, con evidenti benefici per la diffusione della nostra lingua.

Inoltre, la realizzazione di un certificato che dimostri una competenza in ambiti quali quelli del commercio, dell’industria e dell’amministrazione ci sembra di particolare importanza perché è proprio in questi settori che viene esaltata al massimo una delle caratteristiche principali di una certificazione, cioè la sua spendibilità.

È evidente che il primo problema che si pone è di tentare di definire un tale strumento, e inoltre di stabilire il rapporto che esso deve avere con la CILS, ovvero con la certificazione della competenza generale.

Il problema ammette diverse ipotesi di soluzione, tra le quali sono due le più degne di considerazione: a) una certificazione orientata all’ambito commerciale che faccia riferimento ad una competenza già acquisita in italiano L2; b) un modulo certificatorio che possa integrarsi coerentemente con quello di un determinato livello della competenza generale.

La scelta dell’una o dell’altra architettura non può non fondarsi su criteri formali, tra i quali sembra prevalente quello della economicità, soprattutto in questa prima fase di progettazione e sperimentazione della certificazione.

Lo scopo di una certificazione di questo tipo è, a nostro avviso, quello di dimostrare la capacità di un candidato straniero di comportarsi in maniera efficiente ed efficace in una situazione lavorativa. Il candidato deve quindi dimostrare di essere in grado di svolgere quei compiti che gli potrebbe capitare di svolgere in un contesto reale di lavoro, ad es. comprendere o scrivere una lettera o un fax, partecipare attivamente ad una riunione, redarre un verbale ecc.

Lo svolgimento di questi tipi di compiti presuppone l’esistenza di una competenza linguistica di tipo generale già piuttosto consolidata. Per questo motivo la prima ipotesi, cioè l’idea di una certificazione autonoma, ma basata sulle competenze linguistiche di un determinato livello di certificazione appare più plausibile. La competenza linguistica richiesta da questa certificazione potrebbe essere situata ad un punto di passaggio fra il Livello DUE e il Livello TRE di certificazione generale, nel quale è prevista l’utilizzazione della lingua in situazioni lavorative. Infatti nel Livello TRE CILS si passa dalla gestione di flussi di comunicazione nell’ambito della vita quotidiana all’ambito dei rapporti formali di tipo pubblico. Lo straniero dovrà saper comprendere e interpretare comunicazioni provenienti da Enti pubblici, bandi di concorso ecc., dovrà saper affrontare situazioni formali come interazioni in uffici pubblici in cui è necessario saper assumere un ruolo formale.

L’idea di un modulo certificatorio integrabile ad un determinato livello della CILS ci sembra aprire invece un ampio ventaglio di problemi. Dovrebbe infatti essere sia graduato dal punto di vista della competenza linguistica generale, sia variabile dal punto di vista dei contenuti, in modo da divenire disponibile in modo adeguato alle specificità delle diverse situazioni  e dei contenuti del settore produttivo. L’adozione di questo tipo di scelta vedrebbe il moltiplicarsi di moduli adatti a ogni situazione, assai difficilmente gestibili e forse antieconomici nella realizzazione, nella gestione e nella somministrazione. Si andrebbe incontro inoltre a problemi di comparabilità fra test centrati su diverse aree di contenuto (economia, finanza ecc.).

La soluzione al problema che stiamo delineando presuppone uno studio di fattibilità che deve vedere la scelta appoggiarsi su dati conoscitivi affidabili: in questo modo pensiamo che la CILS, esaltando la sua origine collocata in una istituzione deputata alla ricerca qual è una Università, si proponga sempre di più come strumento al servizio della diffusione della nostra lingua, anticipando i tempi e cogliendo sempre le nuove emergenze proposte dalla diffusione dell’italiano fra stranieri.

 

(Il testo è stato elaborato e discusso in comune ma M. Vedovelli è responsabile dei par. 1, 2 e 3.1. M. Barni del par. 3.2)

 

 

Bibliografia

 

Albert L., Vedovelli M., Alberto M.T., Allemano M., Massara S., Barni M., La certificazione di italiano come lingua straniera. La funzione di una certificazione: specificità migratoria vs. generalità della competenza. “Percorsi. Rivista di educazione degli adulti”, X, dicembre 1997, pp. 55-66.

De Mauro T., Vedovelli M., La diffusione dell’italiano nel mondo e le vie della emigrazione: problemi istituzionali e sociolinguistici, in G. Tassello, M. Vedovelli, Scuola, lingua e cultura nell’emigrazione italiana all’estero. Bibliografia generale (1970-1995). Centro Studi Emigrazione, Roma, 1996, pp. 7-41 (§§ 2-4).

Vedovelli M., La Certificazione CILS: un osservatorio sulla condizione dell’italiano fra stranieri, in

“S.I. & N.A.”, Università per Stranieri di Siena, II, 1, 1997, pp. 16-17.

 

Massimo Vedovelli

Monica Barni