LA SCUOLA ITALIANA DI MADRID
Giusi Vanadia è insegnante elementare per il M.A.E. dal 1990. Ha insegnato presso la Scuola Italiana “Leonardo da Vinci” a Il Cairo e adesso insegna presso la Scuola Statale Italiana di Madrid.
La scuola italiana di Madrid è un’istituzione statale che funziona sin dal 1940. Consta di un corso completo di studi che vanno dalla materna al liceo scientifico. Èun punto di riferimento essenziale per la comunità italiana in questa città, ma anche e, soprattutto, per quella comunità spagnola che ha sempre dimostrato un profondo interesse ed ammirazione per il nostro patrimonio culturale, nei suoi vari aspetti.
Tra le motivazioni che spingono i genitori spagnoli a sceglierla, per i propri figli, c’è la consapevolezza dei vantaggi che l’educazione bilingue comporta e, alla base della scelta della scuola italiana, il concetto di “formazione globale”, di “metodo di studio”, di un “metodo d’indagine” della realtà che il nostro sistema scolastico, ancora abbastanza strutturato, fornisce. Gli spagnoli ammirano l’italiano come “lingua di cultura” che, al di là di fini meramente pratici, contribuisce alia costruzione di una “forma mentis” sulla quale, poi, poter inserire ulteriori apprendimenti ed esperienze. L’interesse per la nostra istituzione scolastica è dimostrato dal numero delle iscrizioni di alunni, che è stato sempre crescente e che, a tutt’oggi, non ha risentito del calo demografico. Restiamo, infatti, tra le ultime scuole a Madrid ad avere la famosa “lista de espera”, quasi del tutto scomparsa nel resto del territorio. L’incremento ulteriore della popolazione scolastica è, tuttavia, fortemente condizionato dalle attuali difficoltà di ampliamento delle strutture edilizie e dal problema degli spazi.
Si è, comunque, arrivati ad un numero di: sei sezioni di Scuola Materna (146 alunni), tre sezioni di Scuola Elementare (330 alunni), tre sezioni di Scuola Media (180 alunni), dieci classi di Liceo Scientifico (200 alunni). Il totale è di 856 alunni.
Ad arricchire l’offerta formativa della scuola contribuiscono:
- la sperimentazione dell’informatica nel Liceo, sin dal 1994, con l’allestimento di un’aula attrezzata con 19 computers utilizzata dagli alunni a partire dalla quarta elementare, fino alla classe finale del Liceo;
- la sperimentazione della lingua inglese nei quattro anni di Liceo;
- la prospettata apertura di una sezione a tempo pieno nella Scuola Elementare.
La quasi totalità dell’utenza è formata da alunni spagnoli i cui genitori hanno avuto, in molti casi, rapporti di frequenza con la scuola. La provenienza socio-culturale dei genitori è medio-alta. Si tratta di professionisti, artisti, docenti di vario ordine e grado, impiegati. La scelta di questa scuola è agevolata dal fatto che i titoli rilasciati hanno piena validità per l’Ordimento locale, grazie ai vari accordi culturali tra i nostri due governi.
Nella scuola è presente una “Directora Técnica” che, scelta tra gli insegnanti spagnoli in servizio nei vari ordini di scuole, costituisce il punto di riferimento del Ministerio de Educación y Ciencia. La stessa predispone, inoltre, l’omologazione del titolo italiano conclusivo del Liceo ai fini dell’ammissione alle prove di accesso alle facoltà spagnole conosciute come “Selectividad”.
L’iscrizione di un figlio ad una scuola bilingue come la nostra, presuppone, da parte di un genitore, un progetto a lungo termine per il proprio bambino, anche se, essendo presente l’insegnamento dello spagnolo, è consentito, in qualsiasi momento, il trasferimento di alunni tra scuola italiana e spagnola. Nella realtà, sono pochissimi i casi di alunni ai quali, nel corso degli anni viene consigliato il proseguimento degli studi in una scuola monolingue. Il curricolo bilingue comporta, di fatto, un forte “carico cognitivo ed emotivo” per l’alunno, che apre una serie di nuove e stimolanti prospettive, contribuisce alla formazione di una personalità aperta, per il fatto di sentirsi partecipe di due mondi linguistico-culturali, come afferma Titone, ma che può anche provocare specifici problemi e difficoltà nel processo di apprendimento. Può, in alcuni casi, determinare l’insorgere di quei meccanismi conosciuti come “interlingua” (o lingua intermedia) secondo il concetto esplicitato da Selinker (1972), per cui vengono usate alcune regole della lingua di partenza e alcune della lingua d’arrivo, ma che non appartengono a nessuna delle due.
Allo scopo di promuovere un atteggiamento positivo verso una seconda lingua, che, di fatto, in questa realtà scolastica diventa “prima lingua”, sarebbe auspicabile che anche i genitori fossero coinvolti (spesso lo sono) in prima persona, nell’esercizio della stessa, attraverso la frequenza ai numerosi corsi di lingua e cultura italiana, la lettura di giornali e quotidiani, la visione di programmi televisivi, la partecipazione alle numerose manifestazioni culturali di matrice italiana quali mostre, spettacoli, conferenze, concerti. Quando ciò accade, l’approccio alla nostra cultura è più agevole poichè l’alunno ne viene emozionalmente motivato, egli si apre positivamente verso la nostra scuola, viene ridotto il famoso “filtro” affettivo descritto da Krashen che ”protegge” l’apprendente di fronte alla nuova lingua. In caso contrario, è totale carico dell’insegnante promuovere questo tipo di “motivazione” che è tra gli aspetti sociopsicologici più importanti, come sostenuto dal Lambert e dal Gardner. Occorre tener presente che, in questa scuola, l’apprendimento della lingua veicolare avviene in un contesto totalmente artificiale in quanto, in molti casi, l’unico contatto con l’italiano avviene a scuola, con i docenti. Sul piano della ”motivazione”, ho potuto esperire personalmente che se l’insegnante, a sua volta, dimostra interesse verso la lingua degli alunni, si producono effetti assai positivi poiché essi ne ricavono una forte gratificazione. Percepiscono che la loro lingua madre è apprezzata in quanto è oggetto di studio da parte dei loro docenti.
Aspirazione comune di insegnanti, genitori, alunni è il raggiungimento di un effettivo “bilinguismo”, cioè “la capacità da parte di un individuo di esprimersi in una seconda lingua aderendo fedelmente ai concetti e alle strutture che a tale linguasono propri, anziché parafrasando la propria.” (Titone 1972).
Vale la pena ricordare che il contesto cognitivo del nostri alunni si avvicina di più alle caratteristiche dell’“apprendimento”, che non a quelle naturali e spontanee dell’“acquisizione” della lingua materna, in quanto, come descritto da Krashen, il primo avviene attraverso un diverso processo che è cosciente e, a questo scopo, mirato.
Gli insegnanti di lingua dei vari ordini di scuole concordano nell’affermare che, vista l’enorme eterogeneità nei livelli di competenza iniziali degli alunni icompiti vanno differenziati, partendo da un’attenta anamnesi della situazione di partenza. Si devono prospettare due tipi di lavoro:
- a chi possiede la lingua materna viene esplicitata la teoria grammaticale che spieghi il funzionamento della lingua di cui ha competenza;
- a chi non la possiede, si deve, prima, favorire al massimo la comunicazione attraverso l’uso, l’acquisizione di meccanismi perché giungano alla competenza richiesta. (Gil Garcìa 1996).
L’esperienza ci ha dimostrato che non sempre livelli iniziali alti di partenza sono garanzia di maggior successo nel corso degli anni. Spesso alunni provenienti da famiglie totalmente ispanofone raggiungono livelli altissimi di competenza e si riesce a conseguire il cosiddetto “bilinguismo coordinato”, ossia “l’uso indipendente di due sistemi verbali”.
L’origine neolatina delle due lingue e la loro innegabile somiglianza rende più semplice il primo approccio comunicativo all’italiano, ma, in un secondo momento, può favorire l’insorgere della cosidetta “interferenza” o “transfer negativo” che rappresenta la difficoltà maggiore con cui si scontrano i nostri alunni fino al Liceo. Le interferenze insorgono quando l’apprendente identifica una struttura, una parola, una forma or-tografica o un suono del sistema secondario come appartenente al suo idioma nativo (Gil Garcìa 1996).
Per concludere, va detto che, fino ad oggi, nella nostra scuola si è riusciti a produrre quel “miracolo” che è il “bilinguismo”, l’equilibrata padronanza orale e scritta delle due lingue e la “capacità di usarle entrambe con uguali effetti ed in ogni circostanza”, sin dalla scuola elementare. Ciò grazie ad un modello finora usato nella scuola il cui curricolo è interamente svolto in italiano, integrato dall’insegnamento dello spagnolo così strutturato:
- Scuola Elementare: quattro ore e mezza suddivise in: lingua spagnola e Conocimiento del Medio (elementi di storia, geografia e scienze).
- Scuola Media: cinque ore suddivise in: lingua e letteratura spagnola e Conocimiento del Medio.
- Liceo Scientifico: sei ore diversamente ripartite nei quattro anni tra lingua, letteratura, geografia, storia, storia della costituzione spagnola.
Bisogna, però, stare all’erta e non riposare sugli allori poiché molti insegnanti dei vari ordini di scuole concordano nel dire che i livelli di competenza vanno abbassandosi da una generazione all’altra per il venir sempre meno dell’abitudine allo studio e la scarsa capacità di concentrazione. Va, dunque, auspicato che le ore d’italiano, le uniche di cui fruiscono gli alunni, non vadano abbassate, semmai aumentate, se si vuole mantenere alto il livello qualitativo di questa istituzione scolastica che è stata ed è uno dei “fiori all’occhiello” tra le scuole italiane all’estero.
Voglio ringraziare gli insegnanti della Scuola Italiana di Madrid, in particolar modo Antonella Romani, che mi hanno fornito preziose informazioni ed opinioni.
Bibliografia
Siguan M. and Mackey W., Education and bilingualism, UNESCO, 1987.
Ciliberti A., Manuale di glottodidattica, Firenze, La Nuova Italia, 1994.
Appel R. y Muysken P., Bilinguïsmo y contacto de lenguas, Barcelona, Ariel, 1996.
Gil Garcìa T., Interferencias linguisticas, “Quaderni della Scuola ltaliana di Madrid”, 4, 1996.
Titone R., Bilinguismo precoce e educazione bilingue, Armando, Roma, 1972.
Lado R., Linguistics across Cultures; applied Linguistics for Language teachers, Ann Arbor, University of Michigan Press, 1957.
Giusi Vanadia