La situazione dell’italiano nella Svizzera tedesca

 

Stephan Schmid è ricercatore presso il Laboratorio di fonetica dell’Università di Zurigo.

In confronto con gli altri paesi germanofoni, la Svizzera tedesca costituisce senza dubbio l’area dove la lingua italiana ha conosciuto la sua maggiore diffusione. Questa situa­zione è dovuta ad una serie di circostanze in parte concomitanti, tra le quali occorre menzionarne almeno quattro: la funzione dell’italiano come lingua nazionale, l’esistenza di un’area italofona nel territorio nazionale, la vicinanza geografica dell’Italia e infine la presenza di un cospicuo numero di immigrati italiani che vivono nell’area germanofona. Una riflessione sulla situazione dell’italiano nella Svizzera tedesca deve quindi affrontare non solo questioni legate alla politica linguistica e all’insegnamento dell’italiano come L2, ma deve prendere in considerazione anche il reale comportamento dei parlanti e interrogarsi in particolare sul mantenimento della lingua d’origine all’interno della comunità italofona.

Un primo fattore che assume una sua rilevanza è certamente lo statuto di lingua nazionale di cui l’italiano gode nella Confederazione Elvetica. Benché la politica linguistica svizzera sia essenzialmente basata sul ‘principio di territorialità’ (per cui ci troviamo di fronte alla convivenza di aree linguistiche separate e in larga misura monolingui, piuttosto che ad un paese veramente plurilingue), il carattere per certi versi ufficiale dell’italiano è ‘visibile’ anche nella vita quotidiana. Certo, il fatto che l’italiano appaia sulle banconote e sugli imballaggi di molti articoli di consumo può essere considerato effimero; ciononostante esso contri­buisce a conferire a questa lingua una presenza nell’immaginario del parlante comune, alla quale contribuisce anche la ricezione oltralpe dei canali televisivi e radiofonici della Svizzera italiana.

In genere si osserva però che il contatto con le aree italofone della Svizzera – il Canton Ticino e i Grigioni italiani – non aumenta necessariamente la conoscenza della lingua italiana presso i germanofoni: i ‘rapporti di forza’ sono tali che turisti e pensionati residenti nella parte meridionale del paese possono tranquillamente servirsi del loro idioma, dato che normalmente gli italofoni si adeguano a questa prassi comunicativa. Anche in sede di politica scolastica il quadrilinguismo svizzero non favorisce automaticamente la diffusione dell’italiano; gli unici cantoni che hanno istituito l’insegnamento dell’italiano come prima lingua seconda sono i Grigioni (dove oltre alla popolazione retoromancia risiede anche una minoranza italofona) e Uri, che è limotrofo al Canton Ticino. Le riforme scolastiche all’insegna della globalizzazione mettono in dubbio persino l’insegnamento del francese come prima lingua seconda nella scuola dell’obbligo, al posto del quale sta per subentrare l’inglese; è ovvio che da questa situazione esce debilitato anche l’italiano. La proposta di introdurre l’italiano come materia obbligatoria in tutte le scuole medie superiori, avanzata qualche anno fa dal consigliere federale Flavio Cotti, non ha riscontrato un’eco favorevole nell’opinione pubblica.

Forse più che i contatti con il Canton Ticino, sulla diffusione dell’italiano nella Svizzera tedesca influisce la vicinanza geografica – e in un certo senso anche psicologica – dell’Italia; ciò vale sia per gli autoctoni sia, a maggior ragione, per gli immigrati italiani. L’Italia costituisce tuttora una delle mete di vacanza preferite degli svizzeri, e da qualche tempo anche il made in Italy (soprattutto nei settori della gastronomia, dell’abbigliamento e dell’arre­damento della casa) gode di un notevole prestigio che indirettamente ha delle ripercussioni anche sul piano linguistico. Da un lato questo prestigio induce talvolta gli svizzeri tedeschi a frequentare corsi di italiano, dall’altro piacciono forme linguistiche che ‘suonano’ in qualche modo come italiano, il che è particolarmente evidente nei nomi di prodotti, ristoranti e negozi: citiamo come di esempio i termini Pronto (un tipo di apparecchio telefonico), Sportino (negozio dove si vendono articoli sportivi), Ticketeria (sportello dove si vendono biglietti per i mezzi di trasporto) ecc.; spesso tali pseudo-italianismi non riprendono un termine già esistente in italiano, ma vengono creati ex novo secondo le regole della morfologia derivazionale dell’italiano (e a volte addirittura con una base lessicale inglese!).

Sempre legata alla vicinanza geografica dell’Italia è anche la discreta offerta di mass-media italiani sul mercato svizzero; le reti televisive RAI1, RAI2 e Canale 5 vengono diffuse via cavo, e nelle edicole della Svizzera tedesca si trova una vasta scelta di giornali e settimanali italiani. La domanda di tali prodotti di informazione proviene evidentemente dalla comunità italiana che ha svolto un ruolo di primaria importanza nella storia dell’immigrazione nella Svizzera tedesca. Gli inizi dell’immigrazione italiana risalgono alla fine del secolo scorso, in particolare al periodo della costruzione delle gallerie ferroviarie; da allora la presenza degli italiani è rimasta una costante nella struttura demografica della Svizzera tedesca. Il fenomeno è tornato in auge in seguito al boom economico del secondo dopoguerra ed è cominciato a regredire soltanto negli anni Ottanta.

Sul piano linguistico la situazione della Svizzera tedesca si distingue per molti aspetti da quella di altre mete classiche dell’emigrazione italiana – come gli Stati Uniti, l’Argentina o l’Australia. Il comportamento linguistico della prima generazione è infatti caratterizzato da una forte italianizzazione, fenomeno tipico piuttosto delle migrazioni interne e comunque orientato verso i modelli culturali della società italiana. Nella comunicazione intrafamiliare e all’interno della comunità degli immigrati, l’italiano si è infatto conquistato una posizione egemone a scapito del dialetto d’origine e delle varietà tedesche (ricordiamo che l’acquisizione di queste ultime non viene facilitata dalla nota diglossia diamesica della Svizzera che vede la lingua tedesca relegata più che altro agli usi scritti e formali, mentre nella comunicazione orale quotidiana prevale il dialetto svizzero tedesco). La grande diffusione della lingua italiana nella Svizzera tedesca è quindi essenzialmente dovuta al comportamento linguistico della prima generazione di immigrati: essa ha adottato l’italiano non solo per l’educazione dei figli, ma in parte anche nella comunicazione con gli stessi svizzeri e con immigrati di altra nazionalità.

La seconda generazione degli italiani nella Svizzera tedesca ha attinto pienamente al patrimonio linguistico tramandato dai genitori. Gli studi sul comportamento linguistico dei figli degli immigrati italiani (v. per esempio Schmid 1993) hanno messo in evidenza da un lato la relativa marginalità del dialetto (mantenuto molto meglio in altre situazioni di emigrazione), mentre dall’altro è notevole la padronanza della lingua italiana; ovviamente si tratta per lo più di una varietà di italiano popolare che rispecchia abbastanza fedelmente le caratteristiche della lingua dei genitori. A differenza della prima generazione, i giovani italiani possono però con­siderarsi bilingui ‘equilibrati’, nel senso che hanno acquisito una perfetta padronanza dello svizzero tedesco. Il tratto saliente del comportamento linguistico all’interno del gruppo dei pari è infatti l’alta frequenza della commutazione di codice (anche intrafrasale) tra italiano e schwyzertütsch, fenomeno che rivela non soltanto una larga sovrapposizione dei domini d’uso, ma anche un notevole livello di competenza nelle due varietà. A favore del mantenimento della lingua italiana intervengono – a parte i fattori già menzionati come l’italofonia dei genitori, la vicinanza dell’Italia e la diffusione di mass media in lingua italiana – anche alcune misure formative, in particolare i ‘Corsi di lingua e cultura italiana’ che godono in genere di un’altra frequenza presso i ragazzi. Spiace dover constatare che negli ultimi anni le politiche scolastiche – tanto dell’autorità italiana quanto di quelle elvetiche – non hanno sempre saputo apprezzare nel modo dovuto l’importanza di questa istituzione.

La comunità italiana che risiede in Svizzera non ha solo mantenuto la propria lingua al suo interno, ma essa è riuscita anche a diffonderla presso altri gruppi sociali. Tra gli svizzeri la conoscenza dell’italiano ha avuto una discreta diffusione non soltanto per motivi legati al turismo, al Made in Italy e alla cultura italiana in genere, ma anche per ragioni più prettamente funzionali e professionali: in contrasto con la politica ufficiale del ‘principo di territorialità’, nella Svizzera tedesca è possibile svolgere tutta una serie di pratiche in lingua italiana, essendo questa lingua parlata da molti professionisti e lavoratori dipendenti nel terziario (due figure tipiche sono il medico e il macellaio).

Ma vi è di più: la posizione egemone che gli italiani hanno occupato tra le nazioni immigrate grazie al loro primato storico e demografico ha fatto sì che l’italiano funga da lingua veicolare – tra svizzeri, italiani e altre etnie – in alcuni settori lavorativi, come ad esempio l’edilizia, l’industria tessile e la gastronomia. Alla diffusione di tale Fremdarbeiteritalienisch hanno contribuito in larga misura parlanti romanzofoni (in particolare gli immigrati spagnoli e portoghesi), ma il fenomeno ha attecchito in parte anche presso lavoratori greci, turchi e slavi. Non stupisce quindi se in base al loro carattere interculturale e strumentale queste varietà di apprendimento esibiscono molti tratti di semplificazione, se non addirittura di pidgninizzazione (cfr. Berruto 1991).

In conclusione constatiamo che la diffusione di una lingua alloglotta – com’è il caso dell’italiano nella Svizzera tedesca – avviene soprattutto attraverso le pratiche comunicative nella vita sociale ed è meno influenzata da misure di politica linguistica e formativa di quanto comunemente si è propensi a credere; ciò viene dimostrato dal mantenimento dell’italiano presso la seconda – e in parte anche la terza – generazione degli immigrati e, a maggior ragione, dalla nascita di un fenomeno del tutto singolare come l’italiano ‘lingua franca’.

 

Cenni bibliografici

Berruto G., Fremdarbeiteritalienisch: fenomeni di pidginizzazione dell’italiano nella Svizzera tedesca, “Rivista di linguistica” 3. 2 (1991), pp. 333-367.

Schmid S., Lingua madre e commutazione di codice in immigrati italiani di seconda generazione nella Svizzera tedesca, “Multilingua” 12. 3 (1993), pp. 265-289.

Stephan Schmid