..................(1) FORMA DI PENSIERO LEGATA ALLA NOSTRA
FINITEZZA, CHE SI RIPRESENTA SEMPRE IN NUOVE FORME: ANCHE NELL’ERA DELLA
TECNICA TRIONFANTE
TUTTE le rappresentazioni (mitiche? oppure già filosofiche?)
dell’origine, sia di quella individuale sia di quella della specie, sono miti.
Miti sono le storie della creazione del mondo, compreso quello biblico che solo
indebitamente è stato, e talvolta è ancora, preso alla lettera come ..................(2) storia "vera". E anche l’origine di
noi come individui, benchè non rimanga per sempre avvolta nella storia del
cavolo e della cicogna, ha comunque qualcosa che ci sfugge - come potrebbe
dimostrare anche l’orrore che proviamo di fronte alle possibilità , oggi
offerte dalla scienza, di pianificare razionalmente ogni cosa, in modo da
prevedere e decidere fin dall’inizio tutto il destino di ogni individuo. L’ombra
del mito si estende poi, ancora più fitta perchè lì non c’è scavo archeologico
o datazione al carbonio che tenga, sulla fine della vita e il suo oltre. Tanto
che si potrebbe dire che il mito coincide puramente e semplicemente con la
nostra finitezza. Siamo necessariamente esseri "mitici" perchè
nasciamo e moriamo, perchè prima non c’eravamo e dopo non ci saremo più. Già ,
ma gli animali, allora? Anche loro, infatti, nascono e muoiono. Se, come pare,
è vero che gli animali sognano, potremmo pensare che la caratteristica della
loro vita sia di non svegliarsi davvero mai, di non avere ............(3) vero principio di realtà che permetta loro di
distinguere il sogno dalla veglia. Quanto a noi, quello che ci distingue è
proprio la capacità di svegliarci dal sogno, e più in concreto di uscire dal
mito per entrare nel mondo della conoscenza. Siamo all’inizio e alla fine
immersi nel mito; ma non facciamo altro che cercare di ribellarci a questa
appartenenza e di mantenerci svegli (anche la morte è figurata spesso come ............(4) sonno).
L’"astuzia dei monaci". Questa ribellione è ciò di cui
il mito il più spesso parla: il serpente che spinge Eva a mangiare del frutto
della conoscenza le promette anche che in tal modo lei e Adamo diventeranno
immortali, e questo è il movente vero che la indurrà a cedere alla tentazione -
anche se ci si potrebbe domandare come potesse temere la morte chi non l’aveva
ancora sperimentata come ..................(5) possibilità propria. Ma anche nel mito
biblico il desiderio dell’immortalità si distingue difficilmente dalla volontà
di divenire come Dio - dunque da tutta ..................(6) altra
serie di benefici capaci di fare dell’uomo il padrone della propria vita e di
quella degli altri esseri del mondo. Il Prometeo della mitologia greca è la
figura emblematica di questo aspetto della questione. Egli ha insegnato agli
uomini il dominio e l’uso del fuoco, e con questo anche di tutti i saperi e le
tecniche. Non solo nella mitologia biblica, ma anche in quella del mondo
classico, uscire dal mito conquistando la conoscenza è un............(7) atto di tracotanza, ............(8) peccato che l’uomo dovrà pagare - o come
Prometeo incatenato alla sua rupe, o con la sofferenza di ..................(9) esistenza
assoggettata alle malattie, alla morte, alla necessità del lavoro. Solo miti,
questi? Dal punto di vista di ..................(10) coscienza "illuminista", è facile
pensare - e si coglie probabilmente in buona parte nel segno – che chi
colpevolizza l’uomo della conoscenza sono i detentori del potere tradizionale
fondato appunto sui miti: preti e autorità patriarcali di ogni tipo. Solo l’astuce des moines, dunque? Forse non è così semplice, l’età
dei miti è per l’appunto ..................(11) "età ", come ..................(12) fase dello sviluppo umano in cui è troppo
semplicistico immaginare ............(13) gruppo di astuti ed evoluti che inganna
coscientemente tutti gli altri umani. Che sia così lo si vede anche dal fatto
che la lotta contro il mito non è mai conclusa ..................(14) volta per tutte. Anche la modernità più illuminata non riesce a
consumare del tutto i propri margini oscuri, che si ripresentano sempre in
nuove forme: Roland Barthes aveva intitolato Miti d’oggi ..................(15) dei suoi libri più famosi, nel quale
analizzava i contenuti della cultura di massa come se si trattasse di
recentissime mitologie. Difficile dire se anche questi miti siano prodotti
ingannevoli di ..................(16) casta di moines avidi di potere: ............(17) po’, certo, lo sono, anche se i monaci astuti
sono oggi i manipolatori pubblicitari, o politici, della coscienza collettiva.
Ma dietro questo ritorno continuo del mito si cela probabilmente quel suo
legame con la finitezza e la mortalità - il fatto che esistiamo solo essendo
"gettati" in ..................(18) cultura che ci condiziona e che possiamo
criticare e modificare, come la lingua che parliamo, solo a patto di
assimilarla e condividerla. Non ci liberiamo mai del tutto del mito; come non
ci liberiamo mai del senso di colpa per la conoscenza. Miti come quello
dell’Eden o come quello di Prometeo ci scuotono profondamente perchè sappiamo
che, in qualche senso, dicono la verità . La scienza e la tecnica, in tutte le
fasi del loro sviluppo e soprattutto oggi (pensiamo alla manipolazione
genetica, alle tecniche di riproduzione, allo stesso traguardo del
prolungamento della vita, o alle armi di distruzione di massa), hanno sempre
suscitato insieme entusiasmi e paure del sacrilegio. Guardando al nostro oggi,
possiamo pensare di vincere questi sensi di colpa "accendendo la
luce", perseguendo senza paura il programma di ............(19) conoscere sempre più fondato, valido, utile? Difficile crederlo,
se si pensa a quanto la superstizione si diffonde proprio nel mondo della
tecnologia trionfante: o come reazione oscurantista, regressiva, oppure anche
come soddisfazione illusoria di ..................(20) sete esagerata di successi che scienza e
tecnica "reali" non sono - ancora? - in grado di soddisfare.
............(21) modo per uscire da questo circolo che sempre si ripete - mito,
conoscenza, rimorso - può essere quello del pessimismo radicale leopardiano,
per il quale la verità che possiamo conoscere finisce con l’essere solo quella
che insegna la vanità di ogni sforzo umano teso a elevarsi oltre il mondo del
nascere e del perire; dunque l’impossibilità, in fondo, di uscire dalla
condizione mitica. Oppure si può ascoltare l’insegnamento del Buddha: invece di
cercare ..................(22) verità altra dalle apparenze, dai miti, entro
cui siamo immersi, conviene fare attenzione alle apparenze stesse, alle loro
infinite sfumature, alla loro pura e semplice presenza, con ..................(23) sorta di abbandono attivo che del resto è
stato anche ..................(24) dei contenuti ricorrenti della mistica
cristiana.
............(25) mondo di apparenze.
Quello che rende difficilmente accessibile, a noi occidentali, ..................(26) tale forma di ascesi mistica è ciò che fu
espresso da Platone: l’idea che il mondo quotidiano in cui viviamo sia ............(27) mondo di apparenze, dalle quali bisogna
liberarsi per innalzarsi alla visione delle essenze. è ciò che fa la scienza
con la sua ricerca di misure esatte e di comportamenti prevedibili; e anche
quello che comanda la morale, incitandoci a non cercare l’utile immediato, la
soddisfazione dei sensi, ma il bene puro, universale, duraturo. Nel libro
settimo della Repubblica, là dove racconta il grande mito (di nuovo!) della
caverna - gli uomini sono prigionieri in ..................(28)
caverna in cui vedono solo le ombre delle
cose, credendole vere; e chi si libera salendo alla vera luce deve tornare da
loro e cercare di condurli alla verità chiara - Platone prevede anche che i
prigionieri non desiderino affatto uscire dal mondo delle ombre, sicchè chi ha
visto la verità dovrà anche trascinarli con la forza. Si ricorderà che Popper
ha scritto ............(29) libro su La società aperta e i suoi nemici in
cui Platone era per l’appunto ..................(30) dei principali protagonisti
"negativi", proprio anche per questa idea. Anche senza stare con
Popper, molti filosofi degli ultimi secoli - da Nietzsche a Heidegger a Deleuze
- hanno parlato contro Platone e questa sua idea della verità . Forse anche a
questo antiplatonismo si richiama Borges quando, nell’Aleph, pensa che la
verità sia capace di liberarci solo se abbiamo il coraggio di perderci nella
vertigine della sua irriducibile molteplicità , che si sottrae, ma anche ci
sottrae, a ogni pretesa di arrivare all’ultimo, e morto, fondamento.
[Gianni Vattimo - LA STAMPA, 20 Febbraio 2002]