Sette nuovi film raccontano l’handicap. La lettera aperta di due
genitori.
Semplici e sereni, la vita insegnata da un figlio Down
Caro Direttore, i 18 anni stanno per arrivare anche per Andrea, nostro
figlio, nato con la sindrome di Down in un giorno così lontano ma ancora tanto
vicino nella mente, nelle nostre sensazioni: ............................(1) misto di gioia che si trasformava in dolore e
poi di nuovo in speranza. La vita, che sembrava potesse avere un percorso
naturale, diventava improvvisamente un campo disseminato di ostacoli, dove ogni
passo poteva rivelarsi un errore e creare danni mai più rimediabili.
Oggi possiamo dire che probabilmente in tutti ..........................................(2)
anni di errori ne abbiamo compiuti: spesso ci
chiediamo che cosa avremmo potuto fare di diverso. Vedendo però Andrea così
sereno e così pieno di gioia, contagiati noi stessi dalla sua visione semplice
dell’esistenza, finiamo per convincerci che la strada percorsa è stata giusta.
Per lui e per noi. Le difficoltà legate alla sindrome di Down ci hanno
costretti ad assumere un ruolo da protagonisti in ogni situazione-chiave della
sua vita. La fatica di rivendicare diritti e attenzione, di chiedere
professionalità in campo scolastico, sanitario e sociale, non ci ha mai
consentito di "rilassarci".
Abbiamo combattuto da una parte contro il pietismo e la
compassione, dall’altra contro la superficialità e la convinzione
dell’inutilità di ogni sforzo. Abbiamo incontrato tante persone che con noi
hanno è stato un aiuto importante. Il cambiamento dell’immagine e della
percezione delle persone Down ha favorito tanti rapporti aperti, positivi, con
Andrea.
Diciotto anni. Proprio ieri abbiamo ricevuto la chiamata per la
visita di leva e tre depliant che ci invitavano a festeggiare il compleanno in
una qualche grande discoteca. Due eventi che hanno rinnovato la consapevolezza
della nostra diversità , rimettendo in moto le nostre riflessioni su come sarebbe
stata la nostra vita e soprattutto ..........................................(3)
di Andrea in una situazione di normalità .
Diciotto anni, la ragazza, gli amici, la patente, i viaggi, i progetti.
Diciotto anni: l’età in cui un po’ perdi tuo figlio e un po’ riacquisti la tua
libertà . A noi ..........................................(4)
non è permesso perché anche se Andrea ha
acquisito una certa autonomia, ha e avrà sempre bisogno del nostro sostegno. ..........................................(5)
stato di necessità non dipende solo dalla
sindrome di Down, dai limiti di Andrea. Dipende soprattutto dalla società in
cui viviamo, troppo concentrata su se stessa, troppo presa dalle sue ambizioni
e dai suoi ritmi per potersi fermare ad accogliere i più deboli, per chiedersi
che cosa si può fare per i meno fortunati. L’età dell’adolescenza è , in ..........................................(6)
situazione, la più difficile. Abbiamo toccato
con mano ............................(7)
passaggio attraverso la pubertà che vede
affievolirsi lo spirito di solidarietà fra coetanei, la progressiva
emarginazione, la solitudine, il telefono che non squilla quasi più . È proprio
in ..........................................(8)
fase che nei ragazzi Down, così come è
accaduto per Andrea, nasce l’esigenza di stare con i propri simili, di sentirsi
alla pari, di verificare le proprie capacità , di comunicare stati d’animo,
sentimenti. A tutto ..........................................(9)
abbiamo trovato risposte grazie
all’Associazione Italiana Persone Down che ci offre la possibilità di
condividere esperienze e di accompagnare Andrea nel suo cammino di crescita. La
sua partecipazione al Corso di Educazione all’Autonomia - che lo sta aiutando a
vivere la città, a usare i mezzi pubblici, i servizi, a usare il denaro, a
godere del tempo libero - ha costituito una svolta per lui e per noi. Vederlo
ora più sicuro, con le chiavi di casa in tasca, affrontare da solo a Roma le
difficoltà che può comportare uno spostamento in metropolitana, percepire che
riesce a sentirsi più grande, più adeguato, è una cosa che ci commuove. Così
come ci commuove e ci dà gioia guardare tanti ragazzi Down insieme mentre
partecipano a feste, vacanze, uscite serali, con il loro uno stile semplice,
con la loro capacità di assaporare ..........................................(10)
momenti, di sentirne l’essenza. È proprio ..........................................(11)
che abbiamo imparato di più in ..........................................(12)
anni: la semplicità . L’attenzione alle cose
vere, importanti dell’esistere, il ribaltamento dei valori secondo la scala
comunemente accreditata. Andrea ci ha dato moltissimo. Il suo attaccamento alla
famiglia, il suo amore incondizionato per il fratello più piccolo, il suo
entrare in casa ogni giorno come fosse la prima volta e il suo uscirne come
fosse l’ultima. Sono cose difficili da descrivere. Sono sensazioni che solo lui
avrebbe potuto darci, sono le sensazioni che ogni giorno, con tutte le
difficoltà affrontate, ci spingono a ringraziarlo perché esiste. La nostra
serenità di oggi deve continuamente misurarsi con le preoccupazioni, e le
speranze, per il domani. Il lavoro è fondamentale per persone come loro e ..........................................(13)
società , che tutto misura in denaro e somma
di prestazioni, dovrebbe accorgersi di quanti nelle stesse condizioni non
chiedono assistenzialismo ma occasioni. Le esperienze di persone Down che
conosciamo sono illuminanti, la loro serietà , il loro attaccamento al lavoro è
sorprendente. L’immagine di Andrea che va a lavorare, di Andrea che - come
libera scelta – condivide una casa-famiglia con chi deve affrontare le stesse
difficoltà , di Andrea che trova una compagna sulla quale riversare parte del
suo amore, rappresenta la speranza di due genitori che credono che ciò sia
possibile. Possibile se non verrà abbandonato al caso ma cercato con l’impegno
di tutti. Noi faremo la nostra parte.
Rosalba Bolognesi e Maurizio Pietropaoli
[Corriere della Sera, 24 Gennaio 2002]