Editoriale
I saloni del libro: parliamone
Dopo il Salone di Parigi, ecco la Fiera di Torino. Poi ci sarà ..........................................(1)
di Francoforte. Intanto la letteratura
italiana cammina.
Parlare della fortuna degli autori italiani all’estero pone sempre
un serio problema di definizioni. Che significa infatti parlare di
internazionalità: essere tradotti o essere letti? E presso quale pubblico, poi?
Perché mi pare corra una bella differenza, ad esempio - e prendo ad esempio il
mondo della canzone - tra i tanti interpreti dalle lunghe tournées in un
Sudamerica ricco di comunità italiane e i pochissimi ospitati sotto le volte
dell’Olympia di Parigi. E l’internazionalità di un Eco che spopola dappertutto
o ..........................................(2)
ridotta di un Baricco o un Tabucchi in
Francia, significano davvero internazionalità della nostra letteratura?
Senza poi dimenticare che traduzione non significa necessariamente
diffusione (le tirature vanno dalle 3.000 copie dei piccoli editori alle
10-15.000 di qualche nome appartenente alle maggiori scuderie); e che
diffusione non coincide necessariamente con acquisto e lettura. Traduzione è
semmai una azione di promozione alla "conoscenza", nella speranza di
una solidificazione del rapporto che conduca a un vero sfondamento. Certo, si
danno talora delle ubriacature che hanno la caratteristica della temporaneità e
che alla distanza possono persino risultare controproducenti. Era accaduto nei
primi anni Ottanta in Francia, soprattutto in coincidenza col boom
internazionale de Il Nome della rosa di Eco: facendo scattare un’autentica
"corsa all’autore italiano". Una corsa, però, con un difetto
sostanziale: perché si tradusse a tappeto, di tutto e di più, purché narratore,
e contemporaneo... dimenticando di far la stessa operazione coi nostri
classici, rappresentati nelle loro più prestigiose collane di classici
soprattutto dai nomi più internazionali, come Dante, Machiavelli o Pirandello.
Una ubriacatura durata meno d’un decennio, che con gli anni Novanta ha
cominciato a conoscere un certo riflusso, coincidente curiosamente (e si è alla
seconda metà degli anni Novanta), con la scoperta di un autore come Giacomo
Leopardi, sin lì di fatto pressoché sconosciuto al grande pubblico francese, e
comunque riproposto da un piccolo ma attento e coraggioso editore (Allia), per
arrivare oggi addirittura a due edizioni dello Zibaldone.
Esportazioni: tre titoli su quattro sono assorbiti dall’Europa Un
dato significativo dell’andamento lo si può ricavare dai dati che
l’Associazione italiana editori forniva nel 1998: ove si evidenziava che nei
tre anni immediatamente precedenti (1995-97) il 75% dell’export librario
italiano era indirizzato verso l’Europa, favorito anche da certo fenomeno
bestselleristico alla Eco o alla Baricco. Ma tale aumento generale avveniva
contestualmente a una significativa diminuzione, pari al 17,4%, delle
esportazioni verso la Francia: tant’è che negli anni Novanta nelle traduzioni
in francese, dopo lo scontato predominio anglosassone, le versioni dallo
spagnolo avevano sostituito al secondo posto ..........................................(3) dall’italiano.
Una tendenza che in anni recenti pare essere mutata nel segno
d’una attenzione fattasi meno frenetica, più attenta alla qualità: salvo che,
ovviamente, a ridosso del Salone di Parigi, che ha visto nei tre mesi
precedenti la traduzione d’una sessantina di titoli di autori viventi (ossia
quanto solitamente era ormai tradotto in un triennio) e, ciò che è più
importante, la versione di classici di ieri e di oggi (Federigo Tozzi
compreso), ad opera di piccoli e medi editori che possono consentirsi di uscire
con basse tirature. Anche se poi non va dimenticata la curiosità proposta
proprio dal recente Salone di una autentica abbuffata d’acquisti non solo di
opere tradotte ma pure in originale (e non solo degli Eco, Baricco e Camilleri,
ma pure dei De Luca e degli Ammaniti).
Ma al di là del Salone, alcuni particolari mi paiono
significativi. Ad esempio il posto che va sempre più ricavandosi nelle quarte
di copertina l’indicazione delle traduzioni all’estero, a fianco e talora in
luogo di ..........................................(4)
dei premi. I quali premi (almeno i maggiori o
i più seri) rappresentano comunque un buon viatico per l’attenzione di editori
esteri. Tra i quali si vanno particolarmente segnalando, nelle scelte dettate
soprattutto da qualità, quelli del Nordeuropa, a partire dalla Germania, mentre
al solito resta di fatto indifferente al nostro prodotto il mercato
nordamericano (e ..........................................(5)
di lingua inglese, in genere), non solo
perché restio per sua natura alle traduzioni, ma per la sua specifica cultura
del bestseller, selettiva più per tipologia, che per qualità. Anche se il
miraggio più realizzabile dell’editoria italiana è costituito soprattutto dal
(non molto reattivo in verità) mercato spagnolo. E non tanto in sé, quanto per
ciò che esso rappresenta: ossia il suo ruolo di ponte verso ..........................................(6)
enorme
serbatoio costituito dal Centro-Sudamerica. Quanto poi a garantire il futuro
verso il mercato francese, se non di sfondamento, almeno di conservazione delle
posizioni acquisite, lo può suggerire un particolare non proprio piccolo: ossia
il fatto che diverse case editrici d’oltralpe hanno stretti collegamenti con
l’Italia sia come partnership editoriali, sia anche per la presenza ai propri
vertici di nostri connazionali.
Intanto, apprestiamoci alla Fiera internazionale del libro di
Torino, prevista al Lingotto dal 16 al 20 maggio. Ci saranno come al solito
tanti incontri, tante presentazioni, tanti visitatori. E, ci si augura, tante
vendite. Perché la Fiera del libro di Torino è soprattutto la più grande
libreria d’Italia, dove si trova di tutto. Per gli addetti ai lavori, il
prossimo importante appuntamento è poi ..........................................(7)
autunnale della Buchmesse di Francoforte dove
operatori di tutto il mondo comperano diritti, cioè gli editori acquistano
libri da altri editori. Così la ruota ricomincia a girare, con tanti auguri,
naturalmente, per gli autori italiani.
[Ermanno Paccagnini – Letture, n.587, maggio 2002]