Il dibattito dopo l'intervento di Giovanni Paolo II
Giuristi cattolici sul matrimonio civile: "Un doppio regime
come negli Usa"
Giovanni Paolo II parlando al Tribunale della Rota Romana ha
definito il divorzio una piaga devastante per la società e ha rivolto agli
operatori del diritto in campo civile l'invito ad evitare di essere
personalmente coinvolti "in quanto possa implicare una cooperazione al
divorzio". Gli avvocati poi "come liberi professionisti devono sempre
declinare l'uso della ............................(1)
professione per una finalità contraria alla
giustizia". Il Papa evidentemente ritiene che il matrimonio civile, che
può essere sciolto col divorzio, determina un clima di permissivismo dannoso
per il matrimonio e la famiglia. Il discorso contiene un incoraggiamento per
quelle iniziative che sono rivolte al riconoscimento pubblico del matrimonio
indissolubile, negli ordinamenti giuridici civili. Insomma, la severa critica
papale ravvisa nel divorzio una causa della crisi della famiglia, anziché una
conseguenza. E vuole proporre provvedimenti diretti al riconoscimento della
indissolubilità del matrimonio. Prendendo le mosse dal monito papale la
rivista Studi Cattolici ha aperto un dibattito tra giuristi sulla
praticabilità del "doppio regime di matrimonio civile". Il dibattito
che si vuole promuovere ha per titolo "Ripensare il divorzio". Per
doppio regime del matrimonio civile, si intende proporre nell'ambito
dell'ordinamento dei singoli stati la libertà per i coniugi, al momento del
matrimonio, di optare in modo vincolante per un matrimonio indissolubile oppure
per un matrimonio che può essere sciolto con il divorzio.
Rimanendo sempre nell'ambito del diritto civile si offrirebbe
perciò agli sposi una opportunità di "doppio binario" da attivare con
una scelta: "vogliamo contrarre un matrimonio che può essere sciolto col
divorzio o piuttosto vogliamo contrarre un matrimonio civile, ma
indissolubile".
Studi Cattolici intende certamente appoggiare la proposta del
doppio regime del matrimonio civile. Il dibattito che si vuole aprire prende le
mosse da un recentissimo studio di Amedeo de Fuenmayor, canonista di grande
fama, che segnala la tendenza, in parecchi stati degli Usa, di introdurre a
fianco del matrimonio normale (che si scioglie agevolmente), un altro tipo di
matrimonio: il covenant marriage con il quale i coniugi si impegnano a
sottoporsi ad un procedimento più difficoltoso, prima di giungere all'eventuale
richiesta di divorzio. Non è evidentemente questo il doppio regime che sarebbe
auspicato da Amedeo de Fuenmayor, ma è certamente un primo passo. Assai
interessante è che il covenant marriage è stato approvato prima in Louisiana e
poi in Arizona e che molti altri stati americani hanno progetti analoghi.
Poiché il dibattito teorico è aperto si possono proporre alcune osservazioni.
Prima di tutto con il doppio regime matrimoniale i coniugi sarebbero costretti
all'atto del matrimonio ad affrontare un dilemma di un certo imbarazzo
psicologico: come vogliono il ............................(2)
matrimonio? In secondo luogo il matrimonio
religioso cattolico accompagnato dalla dichiarazione dei coniugi di lasciare
aperta, sul piano civile, la possibilità di divorzio, sarebbe nullo per la
Chiesa. E infine una osservazione che può apparire paradossale, poiché il
dibattito è aperto non solo per la legge civile italiana, è giusto gettare uno
sguardo agli ordinamenti degli altri Paesi. Basti pensare che la Francia ha
approvato nel 1999 una legge che regola "i patti civili di
solidarietà" per le coppie di fatto. Perciò non sarebbe difficile
immaginare una gradualità del vivere insieme: primo gradino, il patto di
convivenza; secondo gradino, il matrimonio con possibilità di divorzio; terzo
gradino, il matrimonio civile indissolubile. Fuori dal discorso civilistico,
poi, rimarrebbe il matrimonio religioso cattolico che ha natura sacramentale.
[Cesare Rimini - CORRIERE DELLA SERA, 20 Febbraio 2002]