CINEMA
ANTONIONI RIMASTICATO
Al secondo film, L'inverno, delude la regista Di Majo.
Due coppie in crisi, sullo sfondo di una città distratta. Leo è
uno scrittore, in crisi prima ancora di essere affermato. Marta, la moglie,
cerca di aggirarne le nevrosi gestendo, non si sa se con scarsa competenza o
minor fortuna, una galleria d'arte. Si imbattono in un'altra coppia non meglio
assortita e di questa finiscono per assorbire tutta la carica negativa che
sprigiona, fino a restare sommersi da una montante marea di insicurezza e
depressione. Tanto era genuino Autunno, altrettanto astratto e cerebrale è
L'inverno. Nell'opera prima, Nina Di Majo seguiva la raccomandazione di
Flaubert agli esordienti: «Raccontate la ..........................................(1)
stanza». Essendo sincero, spontaneo, Autunno
era originale, schietto, convincente. Qualità che mancano a L'inverno, nel
quale si ammucchiano disordinatamente tutti i luoghi comuni e gli stereotipi
dell'incomunicabilità e dell'alienazione. In programma al Festival di Berlino,
L'inverno è stato presentato come «storia di un grande equivoco». Cioè di un
fastidioso déjà vu che nasce da rimasticature mal digerite del cinema di
Antonioni. Nina Di Majo mette in scena un campionario che in America viene
catalogato come underplaying, la lista nera di tutto ciò che è sottotono e
povero di mezzi espressivi. Come lo scrittore sempre spettinato e mal rasato
quando è privo di ispirazione; o feste e ricevimenti sprofondati in colori
funerei per dare la sensazione di noia e futilità.
L'INVERNO (Italia, 2002) di Nina Di Majo.
Con Valeria Bruni Tedeschi, Fabrizio Gifuni, Valeria Golino, Yorgo
Voyagis.
Classifica della Cnvf: DISCUTIBILE/SCABROSITÀ.
[Enzo Natta - Famiglia Cristiana, n. 8, 24 febbr. 2002]