Claudio Oddi
Il Decameron secondo Boccaccio e Pasolini: omologia delle figure narrative di Genette
Le novelle scelte da Pasolini per Il Decameron (1971) sono nove. Il regista, autore del soggetto e della sceneggiatura, ne riduce la composita geografia (Borgogna, Napoli, Toscana, Romagna, Barletta, Messina, Siena) al solo contesto campano. L'episodio di Ciappelletto ha valore eccezionale, avendo
nella parte principale, come nel testo originario, un'ambientazione non campana. L'omogeneo corpo linguistico boccacesco, il volgare letterario del trecento, tuttavia socialmente articolato nel registro, diventa espressione vernacolare dominante: i personaggi rilevanti che non parlano il dialetto sono soltanto la giovane siciliana, la badessa, il confessore di Ciappelletto e l'uomo che accompagna Giotto ("l'avvocato"), esponenti di ceti sociali non proletari. Le giornate dalle quali l'autore trae materiale narrativo da rielaborare sono I, II, III, IV, V, VI, XIX (una novella) e VII (due novelle; il tema è la beffa). Sono interamente trascurate l'ottava (a tema libero) e la decima (fatti magnanimi, d'amore e non). Relativamente all'ordine, alla frequenza, al modo e alla voce narrante delle novelle scelte, Pasolini non adotta soluzioni che si discostano dal testo letterario. La durata degli episodi filmici è invece caratterizzata dall'avvicinamento diegesi/narrazione, dovuto all'omissione delle parti prologiche delle novelle, le quali sempre comprendono un ampio periodo diegetico.
L'ordine, ossia il rapporto tra la successione diegetica degli avvenimenti e la loro disposizione narrativa, non presenta anacronie: sono assenti analessi (flash-back) e prolessi (flash-forward). Il racconto della giovane siciliana è riferito ad un passato che mai è realmente stato, e quindi non è propriamente prolettico. La soluzione della linearità cronologica concerne l'intera opera. La narrazione ha una durata di 19' 47'', relativi ad un tempo diegetico di alcune ore: dalla mattina alla notte seguente. Sono presenti otto ellissi, tutte indeterminate, riguardanti elisioni di minuti o secondi. La terza costituisce eccezione, comportando un salto di ore; non è connessa con una variazione locale: lo spazio rappresentato è sempre la casa della siciliana. Ogni cambiamento spaziale implica, invece, un procedimento ellittico. Le scene, coincidenza di diegesi e racconto, sono tre: la siciliana narra ad Andreuccio la sua falsa biografia; Andreuccio incontra i due ladri; il sagrestano dirige il fallito furto sacrilego. La frequenza, cioè le relazioni di ripetizione tra diegesi e racconto, è come negli episodi che seguono singolativa (quanto è accaduto una volta, è narrato una volta). Il racconto non è focalizzato: all'istanza narrante e al narratario (lo spettatore) è attribuito un livello cognitivo superiore rispetto a quello del protagonista. Andreuccio non conosce l'inganno ordito, mostratoci anticipatamente; crede vere le vicissitudini della giovane. Come negli altri episodi, la voce narrante è extradiegetica-eterodiegetica, corrispondendo ad una istanza anonima non identificabile con un personaggio. Vi è, tuttavia, una narrazione interna (di secondo grado): la siciliana che riferisce il proprio passato ad Andreuccio (racconto intradiegetico di forma omodiegetica, riferendosi ad eventi, fittizi, ai quali chi narra avrebbe partecipato). In Decameron II, 5 la vicenda è preceduta da un antefatto, la decisione della partenza e l'arrivo di Andreuccio, omesso da Pasolini. La durata diegetica è equiparabile a quella dell'episodio filmico. Le determinazioni temporali non sono infrequenti: "la mattina" il protagonista è al mercato, "in sul vespro" la donna lo fa invitare per parlargli, "essendo già mezzanotte" il giovane mercante e i due ladri entrano nella chiesa. Le pause descrittive sono assenti; è presente una scena: il racconto della giovane. Nell'incontro tra il protagonista e i ladri e nel secondo tentativo di furto vi sono modeste ellissi ("E detto questo, consigliatisi alquanto, gli dissero…"; "…dopo una lunga tencione, un prete disse…"). La narrazione non è focalizzata. La voce, di terzo grado (narra Fiammetta), è come in ogni novella intradiegetica/eterodiegetica. Il racconto della siciliana è di quarto grado. Masetto
La narrazione ha una durata di 11' 30'', la diegesi riguarda alcuni giorni. Le ellissi particolarmente rilevanti, quelle relative ad un tempo superiore all'ora, sono soltanto tre e coincidono sempre con una variazione del luogo e dell'azione. Alla prima, come le altre indeterminata, segue la seconda scena dell'episodio, il dialogo tra le due suore che precede l'amplesso con il giovane ortolano. Le inquadrature iniziali del convento, descrittive, hanno una funzione prologica narrativamente marginale. Segue ad esse la scena della zappatura, durante la quale il vecchio ortolano racconta la sua esperienza nel monastero. Il racconto non è focalizzato: tutti i personaggi ignorano che il giovane finge di essere sordomuto (l'istanza narrante mostra al narratario che non lo è); le due suore trasgreditrici (seducono il giovane) non sanno di essere osservate da una consorella. Il racconto del vecchio ortolano è una narrazione intradiegetica-omodiegetica di secondo grado, modesta infrazione alla linearità cronologica. La novella letteraria ha una diegesi di molti anni: il racconto di Filostrato termina con la vecchiaia del protagonista ("…essendo già Masetto presso che vecchio…"); l'explicit segue, quindi, un'ellissi molto ampia (non vi corrisponde un mutamento spaziale), mentre le precedenti non superano la durata di alcuni giorni. Dall'inizio alla fine, lo scarto diegesi-racconto cresce notevolmente e in maniera non graduale (allontanamento assai rilevante dal modello ideale dell'isocronia). L'unica scena è costituita dal dialogo tra le due suore desiderose di conoscere i piaceri sessuali. Non è assente una forma assimilabile al sommario ("…prendendo a convenevoli ore tempo, col mutolo s'andavano a trastullare"), che qui indica l'iterazione di un atto (racconto iterativo). La soluzione del terzo grado, intradiegetica/omodiegetica, è presente: Nuto, il vecchio ortolano, narra la sua esperienza come salariato nel monastero.
La differenza temporale tra diegesi e narrazione è minima: la durata di entrambe è di pochi minuti (il racconto dura 5' 13''). Le ellissi riguardano omissioni presumibilmente inferiori al minuto. Le unità di azione, la consumazione dell'adulterio in assenza e in presenza del marito, e di spazio, l'interno e l'esterno della casa di Peronella (l'adultera), rendono ulteriormente omogeneo l'episodio. Il livello cognitivo dell'istanza narrante e del narratario è superiore rispetto a quello dei personaggi: il marito non sa di essere tradito né lo scopre entrando in casa; lo spettatore sa del suo arrivo anticipatamente. La diegesi della novella, indeterminata, ha un'estensione superiore, inizialmente riferita ad un tempo che antecede la vicenda raccontata ("Avvenne che un giovane de' leggiadri, veggendo un giorno questa Peronella…si innamorò di lei…"), dalla sceneggiatura omesso. La narrazione della beffa subita dal marito, quasi coincide con la diegesi: le ellissi, assai modeste, sono limitate alla parte conclusiva.
Il soggiorno del protagonista nella residenza dei fratelli usurai, è la vicenda principale dell'episodio, diviso in parti. La durata diegetica di essa è 10' 32'', quella narrativa alcuni giorni (presumibilmente due). Alla scena iniziale, il colloquio tra Ciappelletto e i fratelli, seguono dapprima una seconda scena (preceduta da una ellissi indeterminata), poi la sequenza della convocazione del confessore, caratterizzata da una rilevante serie di modeste ellissi; infine vi è una terza scena, la parodica confessione. Una nuova elisione, maggiore, conduce alla rappresentazione della predica che esorta alla venerazione di San Ciappelletto. Il racconto non è focalizzato: il confessore e i fedeli che ne ascoltano le parole esortative non conoscono il carattere mendace della confessione. In Decameron I, 1, che ha una costruzione del racconto maggiormente articolata, vi è un'evidente antinomia temporale tra l'estesissima scena della confessione (è predominante il discorso diretto) e le restanti unità narrative, fortemente ellittiche ("…riparandosi in casa di due fratelli fiorentini…avvenne che egli infermò"; "Ser Ciappelletto poco appresso si comunicò…"). Il colloquio tra i due usurai, ascoltato dall'infermo, come nel film costituisce una scena.
La narrazione (2' 12'') e la diegesi (alcuni minuti) quasi coincidono, in un esile episodio incentrato sul "soliloquio" dell'avvocato che accompagna il pittore. Le ellissi non hanno particolare rilievo temporale o qualitativo. La focalizzazione è zero: Gennarino, l'uomo che offre ricovero ai viandanti durante il temporale, non conosce la reale identità di Giotto, causa dell'ilarità dell'avvocato, il quale pone in contrasto la grandezza artistica del personaggio con la sua vile apparenza. La parte propriamente narrativa della novella, la quinta della sesta giornata, consta di appena tre capoversi. L'incontro con il "lavoratore" che dà rifugio ai due protagonisti è preceduto da quello degli stessi. Il presunto dialogo dei personaggi è eliso ("…fuggirono in casa di un lavoratore amico…Ma dopo alquanto…presi dal lavoratore in prestanza due mantellacci…e due cappelli…cominciarono a camminare."). Mediante una serie avverbiale, l'autore elide il tempo che precede il dialogo tra Giotto e Forese: "…essendo alquanto andati…rischiarandosi alquanto il tempo, essi, che lungamente erano venuti taciti…". L'istanza narrante, Panfilo, conosce quanto i personaggi ed i narratari. La focalizzazione zero è superata.
Alla durata della narrazione, 8' 19'', corrisponde una durata diegetica inferiore alla giornata. Alle ellissi iniziali, definibili implicite, seguono due scene dialogiche separate da un'elisione modesta. La successiva è la più consistente: il tempo omesso è di alcune ore (dal dialogo tra Caterina e la madre, all'arrampicata di Riccardo che raggiunge la fidanzata nel suo balcone). Una nuova serie ellittica anticipa la scena dialogica conclusiva (il padre di lei che impone il matrimonio).. La presenza di una pausa descrittiva è rilevante per il suo valore eccezionale: la cinecamera fissa inquadra per alcuni secondi un paesaggio urbano aurorale, non necessario allo sviluppo narrativo. La focalizzazione rimane interna (i genitori di Caterina non conoscono il vero motivo che la spinge a dormire nel balcone). Le variazioni spaziali, come nei due episodi precedenti, sono poco rilevanti. Gli ambienti (contigui) nei quali è svolta l'azione sono tre: un giardino, una camera nuziale, un balcone. La costruzione della novella è omologa: dopo l'apertura prologica nella quale sono fornite informazioni sul passato dei personaggi, si hanno due scene, divise da un'ellissi di molte ore ("Il dì seguente…"). La narrazione della notte d'amore è estesa, culminante nel dialogo tra Riccardo e il prossimo suocero.
La diegesi, che dura tre giorni circa, è raccontata in 13' 52''. Alla sequenza iniziale, debolmente ellittica, è connessa un'elissi che omette il tempo notturno ed è seguita da una scena (i fratelli di Lisabetta che invitano l'amante di lei a seguirli). La sequenza che antecede l'omicidio del giovane è resa attraverso l'alternanza di concisi dialoghi ed ellissi di minuti, seguite da due salti temporali rilevanti (diventa notte; ridiventa giorno). Dopo una breve scena dialogica, c'è una nuova coppia ellittica (notte/giorno), seguita da una più ampia scena (il ritrovamento del corpo). Il racconto non è focalizzato ed i livelli cognitivi sono fortemente differenziati. Lisabetta e Lorenzo non sanno di essere stati scoperti dal fratello; Lisabetta, che pure sospetta, non conosce la tragica fine dell'amante, se non dopo, oniricamente; i fratelli non sanno che lei ha saputo il luogo nel quale è stato sotterrato il cadavere. L'immagine onirica del giovane diventa un narratore interno con prevalente funzione di informazione, e per la giovane e per lo spettatore, al quale l'omicidio non è mostrato. La quinta novella della giornata IV ha una diegesi ampia, di giorni o forse mesi, sviluppata in una narrazione non estesa. Le ellissi sono frequenti e mai determinate. Il discorso diretto e quello indiretto sono utilizzati raramente, a conferma del notevole divario temporale storia/racconto.
L'episodio dura 10' 37'' e comprende un tempo diegetico inferiore alla giornata. Le ellissi, che progressivamente si ampliano, sono alternate alle scene dialogiche (il dialogo tra compare Pietro e don Gianni; l'incontro con la giovane moglie del vecchio Pietro; la richiesta dell'incantesimo da parte dei coniugi; il falso incantesimo che dovrebbe trasformare la moglie in cavalla). La focalizzazione è esterna: l'istanza narrante e i coniugi non conoscono le autentiche intenzioni di don Gianni, che mira a soddisfare il suo istinto sessuale attraverso l'inganno dell'incantesimo. (Allo spettatore queste si rivelano nella scena conclusiva). La novella corrispondente è l'ultima della nona giornata. La parte prologica, che è riferita al ripetersi delle situazioni ("…quante volte in Barletta arrivava, sempre alla chiesa sua nel menava…"; "…quante volte donno Gianni in Tresanti capitava, tante sel menava a casa…"), determina la notevole ampiezza del tempo diegetico, nella vicenda principale limitato ad alcune ore. Il fallace incantesimo è risolto in una scena.
Tingoccio e Meuccio
L'episodio è bipartito dalle immagini della visione notturna di Giotto e dura 8' 35''; la diegesi non è determinabile, dato che l'elissi che separa le due parti potrebbe comprendere ore come giorni. La vicenda consta di cinque scene (la promessa dei due amici; il dialogo tra Tingoccio e la comare; la conversazione tra questi e Meuccio; il funerale di Tingoccio; l'apparizione del fantasma di lui) e di una parte conclusiva con frequenti elisioni. La focalizzazione è interna e il punto di vista assunto è quello di Tingoccio. La descrizione dell'oltremondo assume una valenza di narrazione intradiegetica., con Meuccio come narratario interno. La novella che chiude la settima giornata ha un'estensione diegetica non determinabile. Il racconto non presenta scene: la lunga conversazione finale tra i due protagonisti contiene una breve ellissi, inserita nella forma del discorso indiretto.
[da: Cinema studio. Rivista di cinema, 2000, n° 10]