LA LINGUA ITALIANA ALL'ESTERO

LA VARIETA' AUSTRALIANA DELL'ITALIANO

 

 

Gaetano Rando è Associate Professor presso l'University of Wollongong.

 

A livello generale, l'elemento principale che contraddistingue la varietà australiana di italiano è l'uso di voci linguistiche adattate o influenzate del superstratum dell'inglese d'Australia, che influenza anche, sia pure in misura minore, la sintassi. Esistono forse trecento voci lessicali relativamente comuni a tutti in ciascuna area, con oscillazioni notevoli nel loro impiego in termini sia di distribuzione geografica sia di uso individuale. Inoltre i termini italo-australiani sono usati più spesso da una minoranza senza però escludere completamente i loro equivalenti italiani. Le osservazioni sull'impiego relativo delle parole si basano su campioni ristretti e hanno fornito dati probabilmente sbilanciati a favore del termine italiano corrente.

Per questa ragione è difficile sostenere, come fanno alcuni, che l'italo-australiano costituisca un codice autonomo e autosufficiente, in quanto la sua base continua ad essere la varietà di italiano o il dialetto che l'individuo porta con sé dall'Italia, con l'aggiunta di elementi inglesi. In realtà la lingua di molte persone può essere frutto di una mescolanza di tutte e tre le lingue, come risulta da questa trascrizione di una registrazione:

"Per passatempo mi piace fare il pìchinicchi e fare un bàbachiu sotto l'alberi. Andiamo a trovare una mia commare a Shepparton, Vittoria. Lì abitano nelle farme, cianno delle farme di frutta. C'è più spazio, più aria fina. A me mi piace solo per l'òlidai.

A me mi piace ordinare la casa (...) questi figli disordinati (...) che mi dunano tantu travagghiu da fare. Puru che mi fanno arrabbiare non ci faccio caso. Se vengono a casa mi mettunu tuttu sott'e sopra".

La lingua di base dell'italo-australiano si può identificare, oltre che nei dialetti, nell'italiano popolare, la varietà della lingua usata correntemente dagli immigrati italiani nel periodo in cui la grande maggioranza di loro emigrò in Australia, durante gli anni cinquanta e sessanta. Le politiche assimilazioniste vigenti allora in Australia scoraggiavano decisamente l'uso delle altre lingue a favore dell'inglese. Si può però pensare che molti immigrati abbiano reagito in modo difensivo, mantenendo la propria cultura e la propria lingua.

Naturalmente non si può respingere totalmente ogni influenza sulla lingua, poiché un certo grado di interferenza è essenziale se si vuole che la lingua rimanga un mezzo di comunicazione efficace, in particolare quando ci si trova in una situazione del tutto nuova.

L'ambiente australiano si rivelò sotto moltissimi aspetti nettamente diverso da tutto ciò che gli emigranti avevano conosciuto in Italia. Pertanto spesso era necessario inventare parole e locuzioni nuove per descrivere situazioni ed esperienze sconosciute. Il contatto fra italiano popolare e inglese diede dunque vita all'italo-australiano, così come in Italia l'italiano popolare era stato creato da chi parlava il dialetto nel tentativo di avvicinarsi alla lingua nazionale.

Il fenomeno di gran lunga più comune che si riscontra nell'italo-australiano è il trasferimento più o meno integrale di lessemi, evenienza non insolita, poiché il lessico di ogni lingua presenta un alto grado di accessibilità agli elementi di altre lingue, tanto più quando queste ultime sono lingue prestigiose e dominanti.

Così ad esempio, nella frase "ho lavorato per sei monti a taglià la cana", i termini monti ('months,' per l'italiano 'mesi') e cana ('cane,' per canna da zucchero') sono sostantivi trasferiti dall'inglese e adattati foneticamente e strutturalmente. Fra tali prestiti verbali troviamo scracciare ('to scratch,' per l'italiano 'grattare'), pusciare ('to push,' per 'spingere'), bettare ('to bet,' per 'scommettere') e molti altri. Quanto agli aggettivi e agli avverbi, cleva ('clever' 'abile') e cranchi ('cranki,' 'irascibile') sono due esempi di aggettivi presi a prestito, mentre fulli ('fully' 'pieno') e notaim ('in no time,' 'immediatamente') sono esempi di avverbi. Secondo Bettoni sono largamente usate anche interiezioni come ('yeah,' 'sì'), iuno ('you know,' 'sai'), detsrài ('that's right).

In generale il trasferimento semantico avviene quando il significato di una data parola, e non la sua forma, il "significante", viene trasferito nella lingua ricevente, ad esempio in parole come droga 'farmaco' (da 'drug') accidente 'incidente' (da 'accident') o in termini composti come fratello in legge 'cognato' ('brother in law'), giusto un momento 'un momento' ('just a moment'): il significato angloaustraliano è stato trasposto nei lessemi italiani impiegati in un contesto italo-australiano. Un'altra categoria di trasferimenti semantici è quella dei diamorfi omologhi, in cui le parole inglese e italiana hanno in comune una parte del loro contenuto sematico. In questi casi la parola italiana assume un significato ulteriore: per esempio, moneta 'soldi, denaro' (da 'money'), aspettare 'pretendere' (da 'to expect'), crema 'panna' (da 'cream'). Il trasferimento semantico comprende anche i diamorfi omofoni, nei quali una parola italiana viene usata per via di una stretta somiglianza fonetica con il termine inglese, con cui però non ha in comune il contenuto semantico: magazzino 'rivista' ('magazine'), bucare 'prenotare' ('to book'). Si ha inoltre il caso singolare della creazione paraetimologica della parola, come dolori (da 'dollars'), marchetta (da 'market').

Nell'italo-australiano si riscontra anche, seppure in misura assai limitata, il transferimento sintattico, che si verifica quando le regole sintattiche inglesi relative all'ordine delle parole sono applicate in un contesto italo-australiano, spesso con esiti sconcertanti (giovanile delinquenza, sta bene abbastanza). Questo trasferimento può avvenire spesso nel caso delle preposizioni (le ho portate swimming, se in caso, per la radio).

Altre dislocazioni meno comuni sono il trasferimento fonetico (che è il trasferimento di un fonema inglese); il trasferimento prosodico, quando le parole trasferite nell'italiano popolare conservano l'accento tonico che avevano in inglese; e infine il trasferimento pragmatico, quando le norme che regolano l'enunciato inglese, relative alla pronuncia, all'ordine e ai numeri, sono applicate alla lingua degli immigrati italiani.

Secondo Bettoni il cambiamento di codice, il passaggio da una lingua all'altra all'interno della stessa unità di discorso, corrisponde al 10% circa dei fenomeni di trasferimento e avviene soprattutto fra gli individui della seconda generazione (oltre il 77% dei casi). Tale cambiamento viene segnalato per lo più da interiezioni e congiunzioni o dall'introduzione nel discorso di trasferimenti lessicali.

L'italo-australiano può essere considerato una varietà dell'italiano creata dagli emigrati. Non gode certamente di grande prestigio, ma a livello linguistico è il risultato di un tentativo creativo di rilevante portata da parte degli emigrati italiani che, trovandosi in una realtà diversa, sono riusciti a modificare il proprio codice per far fronte a nuove esigenze espressive.

 

 

Cenni bibliografici

 

Rando G., L'Italo-Australiano di Perth, "Lingua Nostra", XXXII: 4 (1971), pp. 118-120.

Andreoni G. in Leoni F., Vocabolario Australiano, Armidale (NSW), University of New England, 1981.

Bettoni C., Italian in North Queensland. Changes in the Speech of First and Second Generation Bilinguals, Townsville (Qld), James Cook University, Department of Modern Languages, 1981.

 

Gaetano Rando

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