Opere comiche
Il Detto d'Amore

Il Detto d'Amore è un pometto scoperto nel 1885 dal filologo S.Morpurgo in un manoscritto della biblioteca Laurenziana di Firenze. I fogli che contengono i versi del Detto provengono dallo stesso codice del Fiore e ci sono prove certe che quest'opera sia da attribuire all'autore del Fiore, così, dopo gli studi di Gianfranco Contini, si pensa che Dante sia l'autore anche di quest'opera, giuntaci incompleta, ne rimangono infatti 480 versi. Il titolo fu ricavato dallo stesso Morpurgo dai versi iniziali:
Amor sì vuole e par-li
Ch'i' 'n ogni guisa parli
E ched i' faccia un detto 
L'opera è scritta in distici di settenari (lo stesso metro del Tesoretto di Brunetto Latini), il metro caratteristico della poesia didattico-allegorica.
Il Detto d'Amore











Il Fiore

Più interessante del Detto d'Amore è considerato il Fiore. Anche questo pometto è stato scoperto un secolo fa circa, nel 1881 e pubblicato da Ferdinand Castets, cui si deve anche il titolo convenzionale che lo designa. Il poemetto ci è stato tramandato da un unico manoscritto, conservato nella biblioteca universitaria di Montpellier in Francia. La sua lingua e la presenza in esso di cenni a fatti storici assenti nel Roman de la rose fanno suppore che l'autore fosse toscano e che abbia lavorato in un periodo che si può collocare nei dieci anni tra il 1285 e il 1295.

Amante, uno dei personaggi, che nell'opera rappresenta l'autore, per due volte viene chiamato Durante, nome di cui Dante è forma abbreviata. Malgrado ciò si è sempre molto discusso sull'autore di questo testo. Il dibattito verte su quattro principali questioni: lo stile troppo "comico" del testo, che spesso indulge all'oscenità; le anomalie metriche; l'alta frequenza di gallicismi Proprio per l'appartenza di questo poemetto allo stile "comico" si è pensato che l'autore potesse essere Dante da Maiano, uno dei rimatori amici di Dante, o altri poeti che lo stile comico praticarono, come Rustico Filippi e Folgore da San Gimignano. Ma che Dante Alighieri sia proprio l'autore del Fiore è stato sostenuto autorevolemente dal suo ultimo editore, cioè Gianfranco Contini, che ha argomentato la sua tesi con prove linguistiche e stilistiche: riscontri frequenti e precisi tra Il Fiore e le Rime giovanili da un lato, e la Commedia dall'altro. L'abbondanza di gallicismi, dice Contini, ha un intento caricaturale, le anomalie metriche compaiono anche nel reprtorio sicuramente dantesco e nelle rime di Cecco Angiolieri e nei poeti del Trecento. Quanto allo stile "comico" del testo, ebbene, esso caratterizza anche certe Rime giovanili, come la Tenzone con Forese Donati e poi la varietà stilistica della Commedia deve pur aver avuto una palestra entro cui esercitarsi. Infine anche la data in cui questo poemetto è stato composto (il decennio '85/95) lo avvicina proprio alla Tenzone con Forese, confermando così la versatilità stilistica di Dante che negli stessi anni si misura con lo stile "comico" e con lo stile "tragico" della Vita nova.

Infine se il Fiore è proprio di Dante, si ha una prova dei suoi rapporti con gli ambienti universitari e di quella disposizione eclettica del suo pensiero che gli faceva apprezzare un filosofo perseguitato come Sigieri di Brabante che compare nel Fiore ed è poi celebrato nel Paradiso (X,133/138).

Ma veniamo alla storia narrata nel Fiore. I 232 sonetti, che traducono e rielaborano la materia del Roman de la Rose, formano una "corona", sono cioè disposti in serie continua e conservano lo schema narrativo del romanzo francese: Amante contempla il Fiore nel giardino di Piacere. Ferito dalle frecce d'Amore egli diventa suo vassallo e prova a cogliere il Fiore, malgrado Ragione lo sconsigli. Con l'aiuto di Bellaccoglienza, figlia di Cortesia, Amante riesce a baciare il Fiore: ma Malabocca avvisa Castità e Gelosia che imprigiona il Fiore in un castello sorvegliato da Malabocca, Schifo, Vergogna, Paura. Amante chiede aiuto a Ricchezza, ma troverà soccorso invece in Amore e nei suoi baroni Cortesia, Pietà, Ardimento. Tra loro c'è anche Falsembiante che deve uccidere Malabocca. Il castello è alla fine espugnato e dato alle fiamme e Amante può conquistare il Fiore.

I personaggi allegorici del racconto hanno la funzione di esprimere quei motivi polemici che il poemetto sviluppa in modo anche più ampio del romanzo francese, di cui tralascia le parti di carattere filosofico-dottrinario, mentre arricchisce gli spunti politici e satirici, ad esempio contro le donne o gli ordini mendicanti (Falsembiante significa l'ipocrisia dei frati).


Il Fiore