Giovanni Flechia - Università di Torino 1872-73
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Tema verbale latino

 

Verbi denominativi


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Passiamo ora ai verbi detti denominativi cioè procedenti da nomi. E qui spesso avviene grave confusione facendosi troppo spesso derivare da nomi, verbi dai quali invece quei nomi derivano, e facendo derivare da verbi, nomi dai quali invece essi verbi provengono.

Per esempio alcuni, tra i quali il Canello fa venire da furare il nome fur, furis. Questo è come chi facesse venire regno da regnare. Verosimilmente invece da fur, furis viene furare. E già che abbiamo questa parola tra le mani non è inutile osservare che noi troviamo questa parola furo in Dante:

e mai non fu mastino sciolto
Con tanta fretta a seguitar lo furo.

Ora essendovi questo furo in italiano possiamo credere che esso stia ad un latino furo, onis, come ladro sta a latro, onis. Questo poi è confermato dalla presenza nel dialetto sardo della parola furone per "ladro", fatto tanto più importante quanto quel dialetto conserva più fedelmente molte voci latine che andarono perdute nei dialetti continentali.
Altra prova dell'esistenza di furo è il diminutivo furunculus che ci riporta a furon, onis come da latrunculus risaliamo a latron, onis. Furo sarebbe perciò il doppione, le doublet di fur, furis, chiamandosi dai francesi doublet questa forma obliqua di un nome.

In ogni modo in linguistica non bisogna lasciarsi ingannare dalle semplici coincidenze, come fanno molti che per esempio fanno derivare il nome richiamo dalla prima persona singolare di chiamare; ovvero la chiama (parola toscana per dire "il richiamo") fanno derivare dalla III persona.

Considerando i verbi derivati dai nomi della I declinazione ci si presentano innanzi formare, copulare, figurare, fortunare, gemmare, limare, pugnare, andare, animare, la cui derivazione è tanto chiara che non occorre nemmeno parlarne.

Altri hanno la forma deponenziale come aquari, causari, opulari, minari, rixari. Causari ha la sua corrispondente forma attiva in accusare, verbo che non è altro se non adcausare. In italiano abbiamo accagionare la cui analogia morfologica e logica con adcausare è manifesta.

Fra i verbi che derivano da nomi della seconda declinazione si annoverano dominare, velare nella voce attiva; fra i deponenti osculari ed altri molti. Da aggettivi vengono i verbi foedare, novare, propinquare.

(...)

Fra i nomi della III quelli che terminano in -en danno luogo a verbi della I conjugazione; così da nomen deriva nominare, da examen examinare: così il contaminare si può credere derivi da contamen la cui vera forma sarebbe contagmen, la cui radice tag ritrovasi in contagium.

Occupare viene da auceps, concordare da cors, cordis; ed abbiamo inoltre precare, salutare, laudare, munerare che hanno una derivazione assai manifesta.

Da nomi della terza come vestis nascono generalmente verbi della quarta conjugazione, quantunque talvolta vi sieno delle eccezioni. Altri esempi di verbi derivati sono aedificare che verrebbe da un nome la cui forma sarebbe aedifex; cruciare che ci farebbe credere ad un nome crucius, però che se venisse da crux sarebbe crugare.

Remigare viene da remex, igis. Questa forma -igare è connessa con agere; in remex p.e. l'ex finale sta ad agere, come il fex in artifex sta a facere. Nuncupare verrebbe pure da nunceps come occupare da auceps Questo basterà per ciò che riguarda la trattazione dei verbi denominativi della I conjugazione.

Passiamo adesso ai verbi derivati della seconda e della quarta conjugazione. Già dicemmo che monere può servire da tipo per quelli della seconda conjugazione, e si notò la radice indo-europea man da cui nasce questo verbo, e da cui nasce anche mens e con raddoppiamento memini. Notiamo ora prima di tutto quelli che derivano da temi nominali in o. Così albere da albo; callere da callo, calvere da calvo, e tanti altri come canere, densere, flaccere, pigere dei quali è manifesta la derivazione. Glabrere viene da laber, mucere da mucus ecc...

Altri verbi non lasciano scorgere tanto chiaro i nomi da cui derivano. Per esempio algere non può venire da algor, oris, perché con questo non si connette morfologicamente; tale è pure calere. Si crede da alcuni che questi verbi abbiano forma causale e derivino da verbi primitivi della III conjugazione. Altri non hanno nemmeno un nome dello stesso significato, come per esempio latere, jacere, carere, libere, liquere, minere, placere, pollere, macere, rancere, ridere, sedere, solere, studere, turgere, tacere. Questi che abbiamo citato hanno valore di neutri intransitivi, mentre altri hanno significato quasi di transitivi come docere, spondere, mulcere, videre.

Intorno a quest'ultimo verbo si è rammentata la sua radice indo-europea vid che si ritrova in IDON greco = VIDON ed anche in OIDA, già che la radice vid è suscettibile di dittongarsi in ei e in oi. In greco come in molte lingue le due nozioni di sapere e vedere si confondono, e si noti come oida voglia dire a un tempo: "io ho veduto", ed: "io so", perché chi ha veduto coll'intelletto è quello che sa.


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