Con queste parole Gianfranco Contini chiudeva nel 1960 la sua relazione al Convegno di Studi di Filologia Italiana nel Centenario dellla Commissione per i Testi in Lingua, relazione poi pubblicata come Esperienze di un antologista del Duecento poetico italiano. Fatte le opportune sostituzioni di termini tecnici, queste parole restano valide a tutt'oggi.
È passato ormai un abbondante terzo di secolo: se da un lato si sono visti lodevoli e rigorosi progetti in tal senso, mi sembra che da qualche punto di vista si sia rimasti tragicamente indietro. Si sono fatte sì concordanze e archivi testuali spesso di ottimo livello, ma il loro uso è ancora un po' collegato all'informatica degli anni '60-'70; dell'informatica, per intendersi, che usava prima dell'avvento dei personal computer.
Oggi, sulla scrivania di ciascuno di noi giace inutilizzato un elaboratore di una potenza assolutamente inconcepibile in quegli anni lontani (quando dico "inutilizzato" intendo dire "utilizzato solo come elaboratore testi": tenuto conto dele macchine attuali, dal punto di vista delle potenzialità elaborative è quasi la stessa cosa).
È in quel computer che si deve trovare la "Concordanza" a cui invitava il Contini; a portata di mano e di tasca per ogni studioso - anche minimo - che si muova nel campo. A portata di tasca, ci tengo a dirlo, perché purtroppo si sono visti stupendi prodotti di questo genere bloccati sul nascere da un prezzo al pubblico che ne rendeva pensabile l'acquisto solo da parte di istituzioni, biblioteche e simili.
Da queste considerazioni nasce questo mio modestissimo contributo. Se dovessi definirlo il più brevemente possibile, lo chiamerei il frutto degli sforzi isolati di un programmatore appassionato della poesia del Duecento. Questa "rubrica", a ben vedere, può da sola servire come manifesto programmatico e come inquadramento del mio Repertorio. Lo inquadra dal punto di vista del metodo, che spesso -e con incoscienza- finge di ignorare le spaventose questioni critiche che rimangono da affrontare nel campo della poesia del Duecento. Lo inquadra dal punto di vista retorico, dato che chi volesse trovare qui i fondamenti di una poetica ipertestuale rimarrebbe tristemente a bocca asciutta. Questo non è: