Giovanni Flechia - Università di Torino 1872-73
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Tema nominale latino e italiano

 

Nomi in -OLO, -ULO

Dobbiamo ora parlare di due suffissi parossitoni olo, ulo che poi infine non sono che uno solo come apparisce dal latino arcaico dove si trova ad es. rivolus.

Non dobbiamo però credere che per mero capriccio alcuni nomi presero la forma ulo ed altri serbarono la forma olo. Abbiamo ad esempio ripa e rivus che fanno ripula e rivulus mentre abbiamo area e filius che fanno areola e filiolus.

In genere si osservi che la forma olo si mantenne quando è preceduta da vocale. In altro caso come in frivolus l'o si mantenne per dissimilazione, e poi nelle nuove applicazioni linguistiche si conservò lo stesso principio. Queste modificazioni sono subordinate a leggi fonetiche.

Così ad esempio nel fiorentino si ha una legge secondo la quale la vocale protonica o postonica seguita da r passa in e. Ognun sa come protonica sia la vocale che precede la vocale accentata e postonica quella che segue la vocale accentata. Quindi per la vocale postonica si hanno esempi come zucchero, cappero ecc.... per la protonica nomi come Margherita, Catterina ecc....

Si noti che l'r segue la prima vocale della parola o la precede si mantiene l'a e quindi si ha carezza e non cherezza; ragazzo e non regazzo ecc.... Avviene poi che l'a si mantiene in tutte quelle altre parole che da queste ricevono il tuono come carissimo, ragazzesco sebbene non sia più come in caro dove l'accento è sulla prima.

Gli antichi dicevano anche Cesere per Cesare, Pesero per Pesaro; ma poi fu a detrimento della forma popolare ripristinata la forma latina dagli scrittori.

Così hannosi i nomi propri Gualberotti, Bogherini; invece a Siena si direbbe Bulgarini e così dicesi quivi Cattarina, Margarita ecc.... Il suffisso indo-europeo è ara che ha in olo, ulo la sua regolare rappresentazione. Esaminiamo prima l'applicazione del suffisso olo, ulo per la formazione di nomi primitivi. Innanzi tutto osserviamo che la parola fabula non può entrare in questa categoria già che qui si ha la radice fa e il suffisso bulo, e non bisogna lasciarsi ingannare dalle apparenze.

In bibulus invece non si rimane punto in dubbio. Aemulus è un nome la cui etimologia fu studiata dal Corssen il quale connette questo nome con una radice iom donde sarebbe venuto aiomulus, e poi aemulus; si avrebbe la stessa radice che in aequus, e la stessa pure che in imitari o piuttosto in imari la cui esistenza dal sostantivo imago ci è provata, già che imago sta ad imari come vorago sta a vorare.

Così pure si connetterebbe col MIMOS de' Greci e sarebbe avvenuta la perdita dell'm per dissimilazione. Tale fenomeno non è punto isolato: si ha per es. nel bresciano la parola armellì per significare "dito mignolo" e non può non connettersi con minimellimus donde minmellimus, mermellimus e armellì.

Si è notato come aquila sia un aggettivo aquilus (che vuol dire "bruno") sostantivato.

Nomi primitivi appartenenti a questa categoria sono: bibulus, caerulus, minulus, crepulus, garrulus, gerulus, jaculus, quaerulus, sedulus, stridulus, tremulus, angulus, oculus, vitulus, capulus ("elsa" da capere), cingulus, cumulus, gabulus, involvulus che è un uccello detto "punteruolo"; convolvulus che è una pianta nota; legulus "raccoglitore", agulum sostantivo neutro vuol dir "vincastro" da ago verbo perché serve a menare l'armento; baculum, torculum, speculum; talvolta invece di ulo si ha ilo come in aquila e questo è effetto di dissimilazione.

Altri nomi feminini sono betula, aevula, decipula ("lacciuòlo"), infula, insula, macula, querquetula; quest'ultimo ha un tema di forma raddoppiata; è il nome d'un uccello acquatico e il suo nome si presenta in forma molto varia e tormentata secondo i vari dialetti. Ad esempio il piemontese sasdlod sta per sasslod; la cui vera forma è ciasslod che riflette perfettamente un cercedla = querquetula secondo le leggi dell'ambiente dialettico (così hannosi azarola che sta per zanzarola e zanzegna tutte forme della querquetula secondo i vari dialetti).

Il toscano e l'italiano non derivano molti nomi primari con questo suffisso. Si ha per es. pescivendolo e qualche altro ma sono rari come manutengolo. Si noti la forma diversa presa da teneo e da timeo che avrebbero dovuto fare teno e temo; invece si ha solo quest'ultima.

Gerla in italiano è sincopamento di gerula e vuol dir "arnese"; così ferula divenne in certi luoghi ferla, e merulus = merlo.

Le desinenze in inula = inla han dato ella. In alcuni luoghi si è mantenuto l'i come in spinula che ha dato spilla e non spella. Capulum ha dato cappia; cingula ha dato cinghia; ebulus ha dato ebbio; coagulumcaglio; tegulategghia; maculamacchia; sabula plurale di sabulum è passato a sabbia cambiando genere come sovente avviene; minchia italiano si deve risospingere ad un mentula latino donde mentla e poi mencla = minchia; e con questo si connette la voce usitatissima di minchione che poi ha finito per perdere il senso sporco che ha nella sua radice; stipulastoppia; copula ha dato coppia; l'Emiliano dice cobia, e il napoletano ha anche chioppa da clopa per metatesi. Per stipula nella bassa latinità si avea già stupula ed è questo che ci ha dato stoppia; così per stimolo molti dialetti hanno stumbul.

Prima di chiudere questa lezione dobbiamo osservare che la vocale postonica talvolta non originariamente finale diviene finale ne' dialetti ed anche nella lingua comune.

Il suffisso olo, ulo forma dei nomi d'agente come ad es. legulus; ed anche dei nomi di stromento come agulum.

Bisogna sempre bene distinguere i nomi primitivi dai derivati; legulus sarebbe primitivo perché formato dalla immediata applicazione del suffisso alla radice; amiculus invece sarebbe derivato.

Alveus, atrium, urceus danno la forma olo perché il tema termina in vocale; alveolus in italiano darebbe albiolo; l'e disaccentato passa in i e il v si rinforza.

Così da cavea = cavia = cabbia viene gabbia; nel napoletano c'è caggia come pluvea ci dà pioggia. Nell'Italia superiore c'è piobia per pioggia. Così per giovedì il piemontese dirà Giobia. In veneziano per albiolus abbiamo albio.

In altri nomi come figliuolo è successo in italiano uno spostamento d'accento, analogo a quello avvenuto in parete, abete ecc...; se l'i si fosse mantenuto in pariete si avrebbe in italiano pajete come area = aria ha dato aja, sebbene questo sia un nome non tanto popolare. Ariete si è mantenuto perché una forma non popolare e parola scientifica.

Nell'antico astigiano c'è arei; come rete che fa in piemontese arei; faseolus in italiano diventò fagiuolo, per quel passaggio dell's in g che ha luogo anche in Dionisio divenuto Dionigio ed altri esempi. In altri dialetti si ha fasol, fasul, faseul ecc....

Il toscano rigogolo nome d'uccello ha il suo fondamento in una forma latina aurigalbulus donde aurigaubulus (per vocalizzazione in u dell'l) e poi per indebolimento del b aurigaugulus = origogolo e per aferesi rigogolo, come nuvolo che ha anche la forma nugolo, e parvolo = pargolo. In piemontese lo stesso nome d'uccello dicesi urieul.

Altri nomi analogi sono balneolum, areola (donde ajuola, e ne' dialetti vari aròla), glariola che se fosse stata lasciata in balia del popolo diveniva in italiano ghiojuola: ma si è mantenuta nella sua forma latina per essere stata usata nel linguaggio liturgico: ed invero la forma popolare di gloria dovrebbe essere ghioja, e talvolta si trova nella bocca del popolo groglia con metatesi.

Già che bisogna convencersi che i gruppi gl, pl, fl ripugnano al genio fonetico della lingua. Nondimeno sono usati in alcune parole e quando si trovano si può stare certi che quelle parole non sono state abbandonate all'istinto popolare che le avrebbe modificate.

La forma popolare groglia ha servito per conservare gloria; come flagello è stato conservato dalla forma popolare fragello; così il popolo dice affriggere, semprice, moltipricare, piulico per affliggere, semplice, moltiplicare, publico; per publico nel napoletano si trovano forme come piuvico e quindi piuvicare ma sono organismi falsi .

Viola è un diminutivo il cui primitivo via cadde probabilmente perché si confondeva con via "strada"; cfr. greco VION, "viola".

Via "strada" viene da veha perché la strada è quae vehit; joculum, loculum sono nomi che meritano d'entrare in questa categoria.

Il modanese ha logher per "podere" (cfr. latino locuples cioè "uomo fornito di poderi"). Altri nomi simili sono: capitulum, pratulum; ed aggettivi come acutulus, horridulus, surdulus ecc....

I nomi terminati in i u e non suffiggono soltanto ulo ma si inserisce la gutturale forte: quindi si ha: amniculus, anguicolus, auricola, classicola, avicola.

I nomi terminati in u cambiano l'u in i come anus non fa anucula ma anicula; genu non fa genuculum ma geniculum donde geniclum; ma l'italiano regolarmente ginocchio non viene da geniculum bensì da genuculum (u = o) come quadruvium che ha dato Caroccio e Carobbio.

Cornucorniculum. Fra i nomi terminati in e che suffiggono inserendo la gutturale abbiamo: diecula, latecula, plebecula, recula (che si trova in Plauto nel senso di "cosetta"), specula ecc....

Il sostantivo bos ha dato per diminutivo buculus; il piemontese bucin non va già connesso con buicino bensì con buculinus già che buculus in piemontese sarebbe buch (bucc).

Anaticula, ventricula, sono nomi analogi; forficula non è da confondersi con questi perché havvi il suffisso ulo applicato immediatamente al tema (forfici); il derivato sarebbe forfecicula e da questa forma viene il napoletano forfecchia.

Rumex, icis ha dato poi luogo a ronciglio donde il verbo roncigliare. Ronciglio di cui si parlava viene dalla forma runicigulus = runciclus = ronciglio che avrebbe potuto essere roncicchio come speclum che ha le due forme specchio e speglio; così hassi veglio e vecchio.

Quando i nomi finiscono in r si inserisce pure la gutturale. Così paterculus, materculus, sororcula; similmente si ha corpusculum da corpus dove l's finale è ben diverso dall's che abbiamo in lupus che è desinenziale; arbusculum da arbos forma anteriore ad arbor; crepusculum, opusculum, vasculum, majusculum, minusculum dalle due forme primitive majos e minos per major e minor.

Inseriscono la gutturale anche i nomi in on come carbon che fa carbunculum, e così hannosi imaguncula, cantiuncula, amasiuncula da amasio.

Il diminutivo di caro è caruncula. E' da notarsi che caro al genitivo facea carinis donde sincopato carnis, avvenendo un fenomeno analogo a quello che avviene nella declinazione sanscrita di naman che invece di namanas al genitivo fa namnas. Non così carman che fa al genitivo carmanas, perché altrimenti si avrebbe avuto l'incontro delle tre consonanti carmnas.

Anche in italiano abbiamo la gutturale inserita in: canzoncella da canzone, lioncello da leone. Centonchio nome bottanico ha la stessa derivazione di forma che carbonchio, ed esiste anche la voce centone.

Una piccola adunanza in latino dicesi contiuncula, da contio già che ora è messo in sodo che contio e concio sono due forme equivalenti. Contio non è altro che un sincopamento di conventio, e questa derivazione è assai più probabile dell'altra che alcuni sostengono facendo venire contio da cumitio formato col frequentativo itare. Alcuni facevano venire concio da conciere ed erano ingannati da quel c non sapendo che equivaleva a un t; ma ora è riconosciuta per assurda questa derivazione e tutti ammettono il sincopamento di conventio in contio = concio come conjunctus = cunctus.

Questo suffisso ulo ci si presenta talvolta sotto forma difficile a riconoscersi, avvenendo talvolta anche lo spostamento dell'r finale d'un nome. Così sacellum viene da sacerulum = sacerlum = sacellum. Non altrimenti agellum che ha dato luogo a nomi locali e di famiglia come Agello, Gelli; Agello ne' dialetti dell'Italia superiore come ad es. nel pavese prende la forma di zelo; nel napoletano hassi ajel.

Così da auster, austellus, da cancer cancellum; da cultro coltello, da liber libello, da lucrum lucellum, da fenestra fenestella, da macer macellum, da niger nigellum, che è rappresentato in italiano da ciò che in arte dicesi niello dove è avvenuta la perdita della gutturale come in saetta da sagitta, e in maestra da magistra.

Pulcer ha dato pulcellus che dobbiamo pronunziare gutturalmente come i latini secondo vuole il Corssen il quale ha provato che la gutturale avea durato fino al IV o V secolo.

Da rastro si ha rastello; da ruber si dovrebbe avere rubello; rutrum è "instrumentum eruendi", un "zappino", e connesso con rutrum è l'italiano retabolo che viene dalla forma rotabolo cangiandosi l'o in e come rotundus che si cangiò in retondo per dar luogo a ritondo; in piemontese si ha riund, così nepote diventò nipote; e da soror essendosi fatto sororcula donde serorcula si ebbe sirocchia.

Da umbra si ha umbella, da AMFOREUS avendosi in latino amphora donde ampora e poi amporula si ebbe amporla e quindi ampulla con attenuamento di o in u come da homo si ha homullus.

Camella vuol dir propriamente "cameretta" e si usa per indicare una cavità un recipiente e quindi la gamella de' soldati.

Stilla non viene come vorrebbe il Curtius da stiria che farebbe stiriola, ma ben s'appone il Corssen facendola venire da una forma stira (stirula = stirla = stilla). Così da opera hassi opella, da puera puella che poi ha perso il significato di diminutivo.

Per sincopamento e assimilazione dell'n abbiamo asellus; e da benus donde benulus abbiamo bellus, perché bonus e benus sono due forme equivalenti.

Così ullus è da unulus; catella da catenula; columella da columenula ("piccola colonna"); femella da feminula; in piemontese fumella; fiscella da fiscina ("piccolo canestro"); lamella da lamina, pagella da pagina.

Scabello viene da scamnium che era originariamente scabinum donde scabnum e per influenza dell'n nasale dentale anche il b passò in nasale ossia in m.

Così in somnum c'è la radice sop di sopor, e sumnus viene da supinus.

Lupillus, ovillus da lupinulus ovinulus (surillum da surinulum), tigillum da tignum, sigillum da signum, villum da vinulum.

Similmente corolla, persolla da coronula e personula; melluvium ("bacino per lavarsi le mani") è manuluvium; altri sono contrazione di diminutivi come agnello che credesi venga da agnululus; popellus da popululus, angellus da angululus; fabella da fabulula; vitello da vitululus.

Si hanno anche tre forme di diminutivi di uno stesso sostantivo; così cista ha tre diminutivi cistula, cistella (cistulula) e cistellula. Lenullus non è che lenonulus = lenonlus = lenullus.


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