Del monosillabismo della radice nelle lingue indo-europee si è già parlato. La flessione delle lingue europee quindi consiste nei suffissi e nelle desinenze che acquista quest'unica sillaba onde esprimere i sensi relativi nei quali la parola vien presa.Per tema è già noto che s'intende la parte fondamentale del nome e del verbo. Quindi per avere il tema di lupus; p. e. converrà togliere s desinenza e rimarrà lupu tema nominale.
Di questa parola il vero tema è lupo come dall'antico latino si rileva, nel quale moltissimi degli u nei nomi della II declinazione sono o e questo non è punto per capriccio. Infatti la vocale ariana è a la quale si trasforma ora in o ed ora in e secondo che passa al latino od al greco.
Quindi il suffisso della seconda declinazione è o, ed anche ai participi passivi si estende naturalmente questa regola. Così visus che viene da vidtus donde vissus e poi visus ha per tema viso ecc.... reliquus = reliquos, ecc...
Devonsi pure attentamente notare i principii d'assimilazione e dissimilazione. Per assimilazione il vidtus diventa vissus. In italiano campeggia molto il principio di dissimilazione come nelle parole veleno, Bologna, Palermo si può vedere che vengono dalle latine venenum, Bononia, Panormium.
Nei nomi della quarta declinazione come spiritus il suffisso non è to ma tu e quindi il tema è spiritu e non già spirito. Seguono le stesse leggi i supini quindi visu o vidtu ha per tema vidtu.
Si è fatta qualche osservazione sulla parola sol, radice indo-europea eguale al sanscrito svar osservando che l'r si cangia in l, l'a si cangia in o, il v scompare e si ha sol (l non esiste in sanscrito).
Così la parola soror collo stesso processo viene da svarar e canis viene da cvar. Nella prossima lezione si parlerà ancora del tema.
Già si disse come per tema s'intende la parte del vocabolo che rimane dopo tolta la desinenza grammaticale. Così di vox la radice è voc = vac radice indo-europea, nella quale l'a si cangia in o, il quale poi in vox (o lunga) si allunga.
Il primo passo del linguista nell'esaminare una parola è trovare il tema il quale talvolta non ci si scopre così facilmente. Prendiamo per esempio mens, mentis; il tema di questa parola che difficilmente si trarrebbe dal nominativo e dagli altri casi, puossi avere molto bene dal genitivo plurale mentium tolta la desinenza um. Quindi rimane menti per tema dal quale togliendo il ti suffisso rimane la radice men che corrisponde al prototipo indo-europeo man il quale diventa mon in monere per legge altrove accennata. In quanto al suffisso ti è comune come pure il si in greco. (...)
Il primo movimento della radice indo-europea forma il tema. Già è noto come per tema s'intenda la parte del vocabolo che rimane dopo tolta la desinenza. Il tema si divide in primitivo e derivato.
I temi primitivi dei verbi si devono cercare nella III conjugazione la quale mantiene meglio delle altre nella sua forma originaria la radice indo-europea, perché i verbi di questa conjugazione procedono immediatamente da quella.
Fra i verbi di questa conjugazione alcuni ci presentano per tema la pura radice: se da fert togliamo la desinenza ci rimane fer: da est = edt abbiamo ed; da vult abbiamo vul, e dal verbo esse togliendo in est la desinenza ci avanza es radice.
In legimus per esempio tolta la desinenza ci rimane legi e quell'i è ciò che appellasi vocale ausiliare. Questo è bastante per dare una idea dei temi primitivi.