Incominciando ora a dire partitamente dei suffissi accennati in sul finire della passata lezione, tocchiamo prima del suffisso indo-europeo ta, sanscrito tas, greco TOS, latino tus, che ci dà il participio passivo.Nel latino abbiamo to e so diversi solo foneticamente tra loro. Non sono sempre passivi i participi formati in latino dal suffisso to (= tu); pransus, coenatus, consultus, circumspectus hanno un significato attivo. Ed abbiamo inoltre i participi dei deponenti come profectus, recordatus, ed altri come gravisus, soletus ecc... che equivalgono quasi a nomi d'agente in tor.
Venendo ora a considerazioni più particolari occorre appena fare osservare qual conto si debba qui tenere del principio d'assimilazione. Le radici terminate in vocale non fanno che aggiungere il suffisso: natus, datus ecc.... Satus è da serere che è forma raddoppiata e sta per sessere.
Si perde la gutturale preceduta da liquida (r,l) e perciò farctus diviene fartus.
Sanctus l'ha conservata in latino ma l'ha persa nell'italiano santo.
Così mersus sta per merctus, e lo stesso è di tersus, pulsus; sporadicamente trovasi anche mertare, pultus ecc....
Mentre da una parte si hanno fossus, cessus, passus ecc... dall'altra si hanno visus laesus ecc.... nei quali si è perduta la consonante e come in visus = vissus si è allungata per compensazione la vocale radicale.
Gestus, ustus, tortus, quaestus meritano d'essere notati perché in essi si conserva la forma originale della radice. Urere infatti ha per radice us, che si ritrova in ustus; così torrere era prima torsere modificato in torrere per assimilazione; la radice è l'indo-europeo tars; così horrere (sanscrito hars) procede dalla radice indo-europea ghars.
Nel campo neo-latino invece dell'assimilazione dell's coll'r c'è l'opposto; dorso = dosso; così in piemontese emboussè non sarebbe altro che inverzare.
Cubitus è connesso con un verbo cubere la cui esistenza ci è manifestata da procu(m)bere.
Pinsitus da pinso (radice pins che si trova anche in sanscrito); da pisiare fu dato pigiare come Dionisio = Dionigio.
Sono pure forme participiali: obsoletus, laetus, quietus; altri ci mostrano un i copulativo come habitus miseritus; è proprio della IV conjugazione di far precedere il suffisso to del participio passato da un i copulativo come auditus, cupitus ecc.... e talvolta questo si applica anche a quei della terza conjugazione come quaesitus, petitus, ecc....
Quaero e quaeso non si possono distaccare tra loro. Questa forma ito della quarta è presa dai verbi desiderativi della terza; arcessitus, lacessitus.
Merita considerazione anche il finimento uto come statutus che appartengono a temi particolari derivati come acutus, tributus ecc.... Così pure sequutus che ha la gutturale rinforzata da un post-suono, e volutus, solutus da volvere e solvere che hanno pure la semivocale labiale che rinforza.
I nomi aggettivali come multus, aptus, gratus, castus, hirtus, lassus, disertus sono forme participiali; altus è pure forma participiale sincopata che sta per alitus participio di alo.
I sostantivi che con queste forme si connettono sono in genere neutri come fatum, dictum, septum; in italiano questi participi sostantivati si trovano pure nei nomi come chiuso, recinto, fatto ecc...; è aggettivo sostantivato il francese enceinte.
Il sardo ha madau che è il metatum latino che è propriamente il tratto di terra di cui si è fatto il rilievo; poi passò a significare l'edifizio elevato in quel terreno; e si trova nella bassa latinità; ora in sardo significa: "ovile".
Cungiau non è altro che cuneatum e vuol dire anche "ovile" perché si chiudeva con una stanga e poi s'infiggeva il conio. Quindi cuneare "chiudere".
Per le forme feminine abbiamo: nupta, sponsa, offensa, impensa, noxa (radice noc di noceo che si trova in nex, necis e in pernicies), causa che è pure forma participiale sebbene non abbia verbo con cui connettersi.
In italiano si hanno pure moltissimi nomi analoghi: fidanzata, partita, entrata, sortita, corsa, concorso, bibita, e poi l'altra forma bevuta (cfr. francese bévue e l'analogia di significato col nostro: ber grosso).
In siciliano si ha vivita e viviri per bibita e bevere; nel napoletano si ha veppeta come per motus = moritus si ha muoppata.
Così pure esibita, perdita, nascita, vincita sono forme analoghe ed anche lascita comune ai dialetti dell'Italia superiore sebbene non registrata nel vocabolario.
A questi si aggiungono gettito e tremito (quest'ultimo deve necessariamente venire da tremitus che dovea esservi nel romano volgare sebbene non si trovi negli scrittori latini) e molti altri che qui sarebbe inutile di registrare.
Queste forme si potrebbero anche categorizzare se si volesse sotto l'aspetto logico. Per esempio si avrebbe una categoria di cibi: cipollata, insalata, orzata, crostata, stiacciata, frittata (collettivo di fritti) ecc....
Risata è un collettivo o ampliativo di risi.
Vi sarebbe un'altra categoria di colpi o ferite denominate dal corpo che batte come: archibugiata, bastonata, alata, cinghiata, coltellata, cornata, guanciata, guancialata, panciata, gomitata, manata, mestolata, pistolettata, fucilata, schioppettata, pestata, staffata, stoccata, zampata, boccata, gotata, orecchiata, sgrugnata, tempiata ecc....
Indica pure talvolta quantità o serie come balustrata, scalinata, gradinata ecc....
Designa talvolta anche il tempo in un modo alquanto indeterminato: annata, ottobrata, serata, invernata.
Qui trova il suo luogo la parola fiata da alcuni falsamente connessa con vix, vicis mentre si connette con via. Da vix, vicis nello spagnuolo e provenzale s'è derivato vegata, vegada, e nei dialetti de' Grigioni hassi la forma aferetica gada che non si può staccare da vegata.
Negli Statuti Pisani pubblicati dal Bonaini si ha pure vicata. Ma fiata sta per viata e si ha di questa derivazione una prova logica in molti dialetti che per dir "una volta" dicono "un viaggio"; e non può venire da vix, vicis già che non è proprio del toscano eliminare c.
Inoltre in inglese per dir "sempre" ossia "tutte volte" abbiamo allways ossia "tutte vie" e questo prova la connessione di fiata con via.